Archivi categoria: 8° TREGIORNIMTB 2007

2007 – 8° Edizione della TREGIORNIMTB
dalla Val Chiavenna a St. Mortiz, Livigno e Tirano

Fotografie 3° giorno

3° giorno – Martedì 7 agosto

Sui sentieri di “Trenino Rosso”, da Celerina a Tirano

Il 3° giorno,  martedì 7 agosto, si fa ritorno in Italia.

Il gruppo dei bikers è partito già da almeno un’ora. Io ho caricato l’ultimo borsone sulla vettura portabagagli e ho lasciato alla stazione di Celerina gli amici che ci hanno seguito in questi giorni. Torneranno a casa in treno.
Ci rincontreremo nel pomeriggio a Tirano, a conclusione della tappa e lì ci saluteremo definitivamente. Con loro è partito anche Fulvio, l’autista ufficiale della TREGIORNIMTB, che ritorna a casa anzitempo per gli evidenti problemi causati dal brutto incidente del sabato.
Prendo io il suo posto e mi appresto a trascorrere una giornata da tranquillo turista in giro per le valli svizzere.

…sto risalendo la statale verso il Passo Bernina…

…la giornata è un po’ offuscata da un cielo meno limpido dei giorni precedenti e le belle cime del Bernina e del Diavolezza spesso sono nascoste da dense nubi, ma nulla di preoccupante: le previsioni meteo sono buone e il cielo è in prevalenza sereno. Intanto Fabrizio, Gherardo, Gigi, Graziano, Luigi, Marco, Massimo e Raffaele stanno ripercorrendo la prima parte dell’itinerario di ieri fino alla stazione di Morterasch.

Memori dell’errore commesso ieri che ci aveva costretti a procedere con la bici a spalle su un piccolo e ripido sentiero, supereranno il cancello del parcheggio custodito poco oltre la stazione e ritroveranno le indicazioni della pista ciclabile. Mi diranno, poi, che anche questo percorso è comunque molto ripido, al limite della pedalabilità, ma per fortuna non è troppo lungo.

Mentre loro stanno affrontando proprio questo tratto, io mi trovo comodamente seduto su una panchina a pochi metri dai binari della ferrovia.. Ho parcheggiato l’auto alle mie spalle. Qui la statale compie un paio di tornanti e la ferrovia l’attraversa, per raggiungere, qualche chilometro più avanti, la stazione di Bernina Suot. Per chi percorre la statale questo è il punto panoramico più suggestivo dell’intera valle. La piazzola alle mie spalle, di lato alla strada permette a chi lo vuole di sostare e la panchina su cui son seduto dà la possibilità di godere a pieno e in totale rilassatezza di questo ambiente fantastico.

Sono all’imbocco del Vallone di Morterasch e davanti a me vedo il ghiacciaio che scende dal Bernina e che si innalza grandioso alle spalle del nero bosco di abeti da cui, fra breve, sbucherà il treno, con i suoi coloratissimi vagoni rossi. Ne sento il rumore in lontananza. Eccolo, eccolo! Ora lo vedo sfilare in tutta la sua lunghezza ai margini del bosco. Poi scompare di nuovo per un po’ e poi, quasi di colpo, ricompare in primo piano a pochi metri da me. Con grande stridio di freni rallenta la corsa per attraversare la strada asfaltata e passare con un secca svolta sull’altro versante della valle. Pare che tutti i vagoni mi girino attorno.

Con la mia piccola digitale scatto un gran numero di immagini: in primo piano i vagoni rossi terribilmente inclinati  per compiere la stretta curva; sullo sfondo il bosco nero ancora nell’ombra e all’orizzonte il bianco e lucente enorme ghiacciaio con le cime innevate che si stagliano in un cielo diventato limpido proprio in questo istante. Come dire? “Un bel colpo di fortuna!”.

Il rumore stridente se n’è andato via col treno ed è tornato il silenzio di prima. Mi volto e mi accorgo solo ora che alle mie spalle c’era un bel gruppo di persone. Si sono fermate anche loro per godere dello stesso spettacolo. Mentre tornano verso le auto parcheggiate accanto alla mia, parlano fra loro. Sono stranieri, sono in vacanza, sono contenti Il tono della loro conversazione è pacato, rispettoso. Nessuno parla ad alta voce, confusamente. Nessuno urla, come invece accadrebbe da noi. Mi guardo attorno come per salutare un’ultima volta questo bel posto e noto che per terra non c’è un pezzo di carta, ne un mozzicone di sigaretta, ne una lattina o una bottiglietta di plastica. E’ tutto è pulito. La cosa strana è che non c’è nemmeno il cestino dei rifiuti: qui ognuno è abituato a portarseli a casa…i propri rifiuti.  Penso allora che se il mondo fosse più pulito forse non oseremmo sporcarlo. Potrebbe essere una soluzione! No?

Riparto e poco prima della stazione di Bernina Suot trovo i miei amici, in rigorosa fila indiana che stanno salendo verso il Passo. Ci salutiamo. Qualcuno ne approfitta per lasciarmi in custodia i souvenir acquistati nel paese più in basso. Poi svoltano a destra e riprendono la pista ciclabile verso il centro della valle, allontanandosi dalla statale. Attaverseranno varie volte i binari dell ferrovia. Costeggeranno le rive del Lago Bianco e poi saliranno al Passo, nei pressi dell’Ospizio Bernina. A 2300 metri.

Il vento è freddo, quasi gelido. Scatto qualche foto al lago, alle cime anche se seminascoste dalla nubi, così per portarmi qualche immagine ricordo di questo posto. Poi mi rifugio nell’unico bar che c’è sulla destra poco prima di scollinare. Dentro un profumo di dolci caldamente invitante. Dietro i vetri del piccolo bancone ogni sorta di ben di Dio. La scelta è difficile. Mi faccio consigliare dalla signora che mi porge una enorme fetta di torta di mele. Fantastica!

Inizio a scendere verso l’Italia. A quest’ora gli amici bikers saranno anche loro sul Colle. Io preferisco precederli e giungere in tempo a Tirano dove l’appuntamento è previsto  per le quattro del pomeriggio.

Dal Colle scenderanno di nuovo al lago Bianco per riprendere la pista ciclabile che percorre il versante destro idrografico della valle. Affiancheranno e sovente riattraverseranno i binari della ferrovia percorrendo un divertente sentiero ciclabile all’interno di un bellissimo bosco di abeti. Supereranno una zona in cui l’erosione dell’acqua ha formato le caratteristiche “marmitte dei giganti” simili a quelle segnalate nei pressi di Chiavenna. Finalmente giungeranno a Poschiavo, sulle rive del lago.

Superato il confine a Campocologno eccoli giungere nel centro di Tirano proprio mentre alle loro spalle sopraggiunge il tipico trenino rosso che sfila a pochi metri dalle porte delle case sul lato destro della strada, fra il traffico cittadino, come da noi accade con i tram in città. E’ un immagine inconsueta, per noi, ma normale per questi luoghi dove ogni 15 minuti arriva o parte un treno delle ferrovie elvetiche.

Nella stessa piazza si affacciano la stazione ferroviaria svizzera e quella italiana. Sono due mondi che si confrontano. Nella stazione elvetica l’ambiente è luminoso, pulito, ordinato. C’è anche un’invitante vetrina che pubblicizza il turismo in svizzera con alcuni bellissimi modellini di treni, e non solo rossi. I binari, le pensiline, i marciapiedi sono pulitissimi e mantenuti come nuovi. Anche il personale pare muoversi all’interno con più professionalità e voglia di fare.

La stazione italiana è quasi fatiscente. Scritte di ogni tipo compaiono un po’ su tutti i muri dove l’intonaco si stacca qua e là.. E’ tutto più grigio e trascurato. Anche i muri all’interno sono sporchi da tempo. Il personale si muove quasi annoiato fra gli uffici e i binari.

Fuori, la piazza è accogliente e viva. Si affacciano un gran numero di locali che offrono spuntini, pizze e pranzi completi per ogni tipo di tasca. Un lungo e bellissimo viale collega il centro di Tirano al santuario della Madonna di Tirano. E’ una chiesa bellissima che, nell’attesa degli amici bikers, ho visitato. All’interno c’è un ammirevole organo del 1600 intagliato e intarsiato in legno e marmo che lascia davvero senza fiato.

Sono quasi le 16 quando Fabrizio, Gherardo, Gigi, Graziano, Luigi, Marco, Massimo e Raffaele arrivano qui in piazza.

La tappa è stata breve: 45 chilometri e 800 metri di dislivello, ma inaspettatamente bella e divertente.

La carta utilizzata è la numero 93 della Kompass (Bernina-Sondrio)

Questo sarà il punto di partenza per la TREGIORNIMTB2008.

Fotografie 2° giorno

2° giorno – Lunedì 6 agosto

Il tour dei due mondi

Il gruppo all'hotel Zur Alte Brauerei

Il 2° giorno si parte  da Celerina.  La giornata non è limpida come ieri, ma la chiara luce che filtra attraverso le nubi ci fa pensare che fra poco tutto si dissolverà e anche oggi sarà bel tempo. La temperatura è fresca. Qualcuno parte “in lungo” per poi spogliarsi man mano che i muscoli si scalderanno. Andiamo in direzione di Pontresina seguendo la statale che porta al Passo Bernina. Il traffico è abbastanza sostenuto e perciò procediamo in fila indiana. Là davanti provano già a tirare, ma le proteste degli ultimi della fila fanno desistere subito e si ritorna ad una normale velocità di crociera. Poco dopo l’imbocco della Val Bernina, superata una grande rotonda, ritroviamo la pista ciclabile che per un buon tratto corre parallela all’asfalto per poi allontanarsi e giungere in breve fra le prime case di Pontresina. Mentre si risale la via centrale c’è chi si perde attratto dalle allettanti vetrine dei negozi. Così il gruppo si fraziona finchè la testa è costretta fermarsi per attendere i ritardatari.

Dal centro di Pontresina svoltiamo a destra in discesa su asfalto per poi svoltare subito a sinistra. Superato un ponticello ritroviamo la pista ciclabile e seguiamo le indicazioni per la stazione di Morterasch. La pista sale ripida per un breve tratto e rimane al margine del bosco compiendo una serie di saliscendi. Il terreno è bellissimo e si procede molto veloci. Scendiamo nei prati e attraversiamo i binari della ferrovia e in breve giungiamo alla stazione di Morterasch.

Morteratsch

L’edificio non lo vedi da lontano perché è nascosto da una collinetta ed immerso nel fitto del bosco, di cui sembra farne parte da sempre. Alle spalle della stazione, al di là dei binari il bosco si apre su uno scenario grandioso dominato dal bianchissimo ghiacciaio, che qui chiamano “vedretta” di Morterasch che si stacca dalle creste del gruppo del Bernina, a 4000 metri di altezza. Il trenino rosso è appena ripartito e ha scaricato un gran numero di escursionisti che, in ordinato silenzio, si sta incamminando sul sentiero che porta verso il ghiacciaio. Di lato alla stazione scorrono, impetuose, le grigie acque di scioglimento.

Passiamo sul ponte, lasciamo alla nostra sinistra il cancello d’ingresso al parcheggio custodito e, seguendo le indicazioni per Bernina Suot, ci incamminiamo lungo un sentiero che si inerpica nel bosco. Attraversiamo di nuovo la ferrovia e continuiamo a salire con la bici a spalle. Abbiamo sicuramente perso le indicazioni per la pista ciclabile, ma la direzione è quella giusta. Stiamo percorrendo una scorciatoia che in meno di mezzora ci porta a ritrovare la pista più in alto, poco prima di sbucare sulla statale a meno di due chilometri dalla stazione del Bernina Suot. Cinquecento metri oltre la stazione attraversiamo la statale e imbocchiamo una bella sterrata a sinistra che scende a superare un vallonetto. Lasciamo sulla destra la diramazione per l’alpe Bernina e, superato un ponte, risaliamo sull’altro versante addentrandoci nell’ampia valle Torta, indicata su alcune carte anche con il nome di Val Dal Fain. L’ambiente è particolarmente bello caratterizzato da ampi pascoli, purtroppo ingialliti per la lunga siccità estiva, racchiusi da cime che sfiorano i tremila metri. Finalmente siamo in montagna; di colpo il mondo sembra sparito dietro l’angolo laggiù e la sensazione è che sia sparito da sempre, perché qui stiamo bene. Non c’è più asfalto, non c’è più binario. Le auto, le moto, i rumori a cui siamo abituati, ma ai quali non ci abitueremo mai, si sono ammutoliti improvvisamente. Qualche cosa si sente ancora in lontanza, ma sta andando in un’altra direzione. Ancora qualche battuta scherzosa finchè il gruppo rimane compatto, poi la fatica si fa sentire e ognuno rimane da solo con il proprio ritmo. Lo scroscio dell’acqua nel torrente giù in basso, il rotolare delle ruote sull fondo sterrato e il battito regolare del nostro cuore sono gli unici rumori che sentiamo. Questa è la montagna che andiamo cercando e anche quest’anno l’abbiamo trovata. Ancora un’ultima rampa e la bella sterrata finisce fra i pascoli dell’Alpe Stretta. Siamo a 2427 metri.

Alpe Stretta, bicchieri di latte freschissimo

Ci accoglie una fontana acqua freschissima  dove sono adagiati dei contenitori per conservare il latte al fresco. Mentre, seduti a ai tavoli attorno all’alpe consumiamo i nostri panini per il pranzo, un bambina si avvicina alla fontana e da uno dei recipienti immersi nella vasca estrae con un mestolo del bianchissimo latte e ne riempie due bicchieroni che va a servire ad un tavolo poco più in là, dove un gruppo di tedeschi stà consumando un pasto a base di prodotti dell’alpeggio. A saperlo prima, non avremmo riempito i nostri zaini di panini e barrette!!

Seguendo il sentiero che si stacca dall’alpe, in meno di mezzora e con percorso quasi pianeggiante, arriviamo al passo La Stretta a 2476 metri. Una serie di paline indica i vari sentieri da seguire. Noi seguiamo l’indicazione per le Baite degli Agnelli sul sentiero 104 affrontando un tratto a piedi particolarmente ripido  a picco sulla valle della Forcola. Con un ultimo tratto in sella raggiungiamo la strada asfaltata che scende dalla Forcola di Livigno, sul confine italiano. Siamo infatti in zona franca. Attraversiamo i prati sotto le Baite Agnelli e raggiungiamo una bella sterrata che corre fra l’asfalto e il torrente. In fondo alla valle della Forcola deviamo decisamente a nord e seguendo le piste ciclabili che man troviamo scendendo raggiungiamo il centro di Livigno. Su consiglio di Massimo, grande conoscitore della zona per aver partecipato tra l’altro all’ultima gran fondo “Pedaleda”, anziché attraversare tutto l’abitato fino a Santa Maria per risalire la Valle di Federia effettuiamo una deviazione per non scendere troppo di quota.

Livigno

Poco prima di Sant’Antonio seguiamo il sentiero 116 che si stacca sulla destra fra le case. Guadagniamo quota rapidamente perché in poco meno di un chilometro risaliamo di oltre 150 metri. E’ una rampa micidiale che mette a dura prova la nostra resistenza. Qualcuno l’affronta a piedi per risparmiare la gamba in vista dell’ultima salita che non sappiamo com’è. Più in alto incrociamo il sentiero 112 che seguiamo sempre i direzione nord ( destra nel senso di marcia). Il panorama sull’abitato di Livigno è magnifico. Sotto di noi si apre l’ampia e verde valle di Livigno con le sue estese borgate fatte di case dai tetti tutti uguali, adagiate su un tappeto di prati verdissimi, dove ogni cosa sembra al proprio posto. Anche gli impianti di risalita  non disturbano più di tanto l’armonia dell’intero paesaggio. Verso nord, di fronte a noi l’azzurro lago si incunea fra due pareti rocciose le cui cime sfiorano, e alcune superano, i tremila metri di quota. Siamo ai confini con il Parco Naturale dello Stelvio.

Il sentiero termina in una larga strada bianca che, contro ogni nostra volontà, siamo costretti  a seguire in discesa perdendo così buona parte del dislivello superato con tanta fatica. Al centro di un tornante deviamo a sinistra seguendo le indicazioni della Pedaleda e ritorniamo a pedalare su un ripido sentiero che in breve ci porta sulla sterrata della val  Federia, di nuovo a quota 1900 metri.. Però, in fondo abbiamo percorso un tratto della mitica “Pedaleda”! Senza l’aiuto del grande (è alto 2 metri!) Massimo questo non sarebbe accaduto.

Percorriamo il fondo valle lungo un’ampia strada dal fondo compatto e dalla pendenza moderata, fino ad incrociare le segnalazioni per il Passo di Cassana, poco prima delle baite della Chiesaira.

Presso le baite è possibile e conveniente far rifornimento di acqua perché sulla salita verso il passo acque non ce n’è. E’ già pomeriggio inoltrato quando iniziamo la salita, consapevoli che non sarà certo un divertimento. Soltanto a guardare la prima rampa i muscoli delle gambe si rifiutano di pedalare e siamo costretti a salire a piedi, quasi allungati sulle nostre biciclette tanta è la pendenza di questo tratto. Qualcuno ci prova, a pedalare, ma desiste dopo pochi metri. Chi è allenato a correre in montagna si invola è così, un’altra volta, il gruppo si sgrana. Ognuno rimane di nuovo solo e cerca di salire con il proprio passo, senza forzare, ma anche senza lasciarsi staccare troppo da chi è là davanti, a poche decine metri, comunque irraggiungibile. Ogni tanto mi fermo a scattare qualche foto, così riprendo un po di fiato e riesco anche a guardarmi un po’ attorno. Del sentiero originale, non credo rimanga ancora qualche traccia. Dai grossolani lavori di sbancamento è evidente che questa salita è stata tracciata di recente con una ruspa che ha inferto una profonda ferita al fianco di questa verde valletta. Lunghi e ripidi rettilinei si alternano a stretti tornanti e la pendenza non scende mai al di sotto del quindici per cento. Il fondo è particolarmente sconnesso e pietroso ed è dunque impensabile poter pedalare. Soltanto negli ultimi cento metri la strada spiana un po’ e ci permette di arrivare in sella all’ingresso del grande rifugio Cassana. Il passo è poco più su e lo raggiungiamo risalendo il ripido sentiero che si stacca alle spalle del rifugio. Finalmente in sella transitiamo, ad uno ad uno, sotto il caratteristico solitario crocefisso issato sul colle di Cassana a 2694 metri. Le nostre ombre si allungano già verso est. Siamo un po’ in ritardo. Ci fermiamo soltanto per il tempo di qualche foto e poi giù verso l’Alpe Chauschanuna. La prima parte della discesa è particolarmente esposta, ma con un po’ di attenzione si riesce a stare benissimo in sella. Nella parte centrale il sentiero è invece molto scavato e ripido. L’unico modo per scendere è appoggiarsi ora con un piede ora con l’altro e lasciar scorrere la bici dove è possibile. E’, comunque, un tratto molto divertente. La stretta traccia si perde nei prati che precedono l’Alpe di Chauchausana . Dall’Alpe scendiamo, evitando ogni deviazione laterale, lungo la bella strada forestale che ci porta fino al fondovalle del fiume Inn, nei pressi di Zuoz. All’incrocio con l’ampia strada asfaltata manteniamo la sinistra, tenendoci in quota. Percorriamo le belle piste ciclabili, ora sterrate, ora asfaltate, che per molti tratti corrono parallele alla strada principale. La segnaletica ci indica i  nomi dei borghi che che ci lasciamo alle spalle sull’altro versante della valle;   Zuoz, Chamues e Samedan. Contorniamo l’aeroporto di St. Moritz e in breve arriviamo al bivio con la strada per il Passo Bernina nei pressi di una enorme rotatoria. Ritroviamo le indicazioni per Celerina che ci fanno seguire un ultimo tratto di una bella pista ciclabile che termina a poche centinaia di metri dall’hotel che ci ospita.

Anche stasera siamo arrivati in tempo per la cena. Sono le 19 quando, finalmente, ci ritroviamo con gli amici accompagnatori che ci aspettavano già da qualche ora.

Fotografie 1° giorno

1° giorno – Domenica 5 agosto

L’antica via Bregaglia

Il 1° giorno si parte  da Verceia sul lago di Mezzola, in provincia di Lecco… con un po’ di amaro in bocca!

Ci hanno appena detto che, come ogni estate, i treni per Chiavenna, sono sostituiti da un servizio di bus e che perciò trasportare tutte le nostre biciclette sarebbe un problema. Decidiamo allora di partire in sella direttamente da qui. Gigi ha messo a disposizione la sua auto per trasportare i bagagli, perché quella di Fulvio è stata seriamente danneggiata in un brutto incidente  ieri sera alle porte di Lecco. C’era su anche Giampiero. La forte botta subita nell’incidente lo costringerà a più di una settimana di ospedale. Naturalmente non parteciperà alla TREGIORNI.

Gruppo all'ostello Al Sert

Dall’Ostello AL SERT attraversiamo la statale poco prima di una galleria grazie ad un sottopasso che sbuca proprio di fronte alla stazione ferroviaria di Verceia (chiusa). Costeggiamo il lago di Mezzola fino alle prime case di Novate. Percorriamo  in tutta la sua lunghezza il Piano di Chiavenna e, passati sull’altra sponda del Fiume Mera saliamo fra le case di Gordona. In breve raggiungiamo il centro di Chiavenna e piazza Castello, da dove dovrebbe iniziare la pista ciclabile della Val Bregaglia. Proprio dietro il turrito palazzo dei Conti Balbiani  un piccolo cartello indica la direzione da seguire. La pista si incunea fra le strette mura degli storici  palazzi e con percorso tortuoso e suggestivo, costeggiando dall’alto il fiume Mera, contorna la Riserva Naturale delle Marmitte dei Giganti, caratteristico fenomeno di erosione dell’acqua, che ritroveremo simile anche nel corso dell’ultima tappa presso Poschiavo.

A Prosto passiamo sull’altra sponda del fiume. Di fronte a noi le Cascate dell’Acqua Fraggia. Cerchiamo di seguire, con qualche difficoltà, le indicazioni della “Via Bregaglia” prestando particolare attenzione alla ciclabilità del percorso perché sappiamo che si tratta di un antica via in alcuni tratti non pedalabile. La strada da fare fino a St. Moritz è ancora molta e ci conviene seguire la più facile e scorrevole, evitando comunque per quanto possibile la statale.

Targa 3giornimtb

Grazie all’aiuto di due ciclisti , padre  figlio, che conoscono bene il tracciato riusciamo a procedere abbastanza spediti e a raggiungere le case di Villa.  Ci portiamo nuovamente sull’altro versante (sinistro idrografico) della Mera e seguendo sempre le indicazioni per la “Via Bregaglia” saliamo fino a Santa Barnaba. Un’altra freccia indicatrice ci porta su un sentiero poco più in alto ma, altre indicazioni poco chiare ci consigliano di non proseguire e di scendere verso la statale. Mancano un paio di chilometri al confine quando, varcate un’altra volta le acque della Mera, individuiamo una bella pista ciclabile di recente costruzione. La seguiamo  e in breve ci troviamo al centro del letto del fiume, fra sabbia, tubi e mucchi di detriti di un recente scavo. Di là dal fiume una ventina di metri più alto, scorgiamo la tettoia della dogana poco fuori dall’abitato di Castasegna. Non ci rimane che ritornare un’altra volta indietro e, per fare prima, risalire la scarpata erbosa che ci separa dalla statale caricandoci le bici sulle spalle (esempio di cicloalpinismo urbano!).

Passiamo il confine sotto lo sguardo tipico del “finanziere italiano annoiato”. Non ricordo l’atteggiamento degli svizzeri, ma posso immaginarlo, più attento e severo, quanto meno sospettoso. Saliamo fra le case di Castasegna alla ricerca di un posto dove sostare per il pranzo. Non ricordo che ora fosse, ma sicuramente erano già passate le tredici. Il paesino è un bel borgo attraversato da una larga strada in salita su cui si affacciano le antiche case e la chiesa, caratterizzato da un’architettura molto omogenea. Sembra un salottino appena spolverato con bei mobili, ma senza suppellettili,  dove comunque le poche cose sono al proprio posto. A metà salita si apre sulla destra una minuscola piazzetta, occupata quasi per intero da un lavatoio coperto con un bel tetto in pietra. Ci fermiamo qui per il pranzo, anche perché è l’unico posto più o meno all’ombra. Non c’è un’anima via , quì!.  All’uscita del paese non troviamo alcuna indicazione per la pista ciclabile. Proseguiamo lungo la statale 36. Evitiamo la galleria deviando a sinistra e attraversando il borgo di Pramontogno. Ritorniamo sulla statale poco prima di Stampa. A Vicosoprano deviamo a sinistra ritrovando le indicazioni della “Via Bregaglia” e seguiamo il “Sentiero Panoramico” che si innalza sulla destra idrografica. Una serie di tornanti asfaltati ci portano a Roticcio. Sulla nostra destra (est) il muraglione del lago artificiale dell’Albigna  che interrompe la maestosa cresta che dal Pizzo Badile degrada con andamento sud-est-nord fino alla depressione del passo di Maloja, individuabile fra il verde dei prati alla testata della valle. La strada scende fin nei pressi di una grossa fonte per poi riprendere a risalire con fondo sterrato. In mezzo agli abeti, una serie di gradini  ci costringono a procedere a piedi, poi un bel sentiero percorre i bei pascoli e scende nei prati del fondo valle e attraversandoli fino a raggiungere Casaccia. Proprio qui nasce il fiume Mera, dalla confluenza del torrente Orlegna che scende dal Maloja con le acque dei ripidi  valloni laterali. Da Casaccia l’unica strada da seguire è la statale fino al passo. Vista da qua sotto la salita sembra un salto di roccia insuperabile con i suoi numerosi tornanti. Ma la cosa più dura da sopportare non è la fatica per superare  la pur discreta pendenza della strada, ma il traffico incessante di moto, auto e camper che in questo periodo estivo è particolarmente intenso.

L’arrivo al passo è comunque, come sempre, appagante della fatica sofferta. Sono circa le 17 quando ci riuniamo per l’immancabile foto di gruppo sul punto più alto del colle, dopo aver sorseggiato un caffè al piccolo chiosco in legno dove puoi trovare di tutto. Poco oltre il colle, sulla destra, troviamo la pista ciclabile e le indicazioni per Sigl, Silvaplana, Saint Muratzan (St. Moritz).

Treno St.Moritz

All’inizio, asfaltata, la pista procede in piano attraversando gli ampi prati che si aprono sullo splendido panorama della valle dell’Inn. Il cielo è terso. L’aria pulitissima e le montagne di fronte a noi, illuminate dal sole che si sta abbassando oltre il confine italiano, offrono un ‘immagine di sé incredibilmente definita. Il panorama è molto più dolce della val Bregaglia, . Più ampio.  Seguiamo le piste più basse, ora sterrate e a tratti costeggiamo il lago di Sigl che rimane alla nostra sinistra. Per un po’ ci innalziamo nel bosco e la pista si fa più stretta, con alcune brevi rampe un po’ più ripide. Incominciamo ad incontrare altra gente, chi in bici, chi a passeggio, chi di corsa. Sono persone sicuramente in vacanza, anche se nei campi ci sono grandi balle rotonde di fieno a ricordarci che anche quì, c’è qualcuno che lavoro duro. Usciamo dal bosco e raggiungiamo il lago di Silvaplana. La pista che seguiamo rimane lontana dal lago, sempre sul versante destro idrografico della valle e si dirige verso la collina che lo separa dall’altro lago, quello di di St. Moritz. Ancora un tratto di saliscendi nel bosco e poi giù, verso i prati della piana che circonda il bellissimo centro turistico:St. Muretzan, il nome svizzero di St. Moritz. L’ampia sterrata che percorriamo attraversa campi di golf e numerosi centri ippici e va a terminare alle spalle di un lussuoso hotel dall’architettura molto particolare. Ci immettiamo nel traffico della statale e raggiungiamo la zona della stazione ferroviaria, rimanendo comunque in riva al lago. Seguendo le indicazioni per Celerina – Sclarigna finalmente arriviamo a destinazione, anche grazie agli amici che ci sono venuti incontro.

Pernottiamo in un comodissimo Hotel che ha riservato per noi il dormitorio con deposito custodito per le bici e un ottimo self service dove, fino alle otto di sera, servono un ottima cena.

Dalla Val Chiavenna a St. Mortiz, a Livigno, a Tirano

Martedì 7 agosto 2007,  nella piazza di Tirano, in Valtellina, si è conclusa la TREGIORNIMTB2007, 8° Traversata Ciclo Alpinistica delle Alpi organizzata da http://www.ginobike.it/

Visualizza la cartinaLeggi la cronaca

TREGIORNI in mountain bike lungo la Vai Alpina Centrale dalla Val Chiavenna, alla val Bregaglia, alla Valle Engadina, alla Valle di Livigno, alla valle di Poschiavio , alla Valtellina.

Grazie per la partecipazione  a Fabrizio, a Fulvio, a Gherardo, a Gigi, a Graziano, a Luigi. a Marco, a Maria, a Massimo, a Raffaele, a Sara.

Le tappe

  • Domenica 5 agosto  – L’antica via Bregaglia – Da  Verceia a Celerina
  • Lunedì 6 agosto – Il tour dei due mondi – Celerina, Livigno, Celerina
  • Martedì 7 agosto – Sui sentieri di “Trenino rosso” – Da Celerina a Tirano

I dati

  • 1° tappa: lunghezza 90 Km – Dislivello in salita 2100 m – Quota max 1815 m Passo Maloja
  • 2° tappa: lunghezza 80 Km – Dislivello in salita 1800 m – Quota max 2694 m Passo di Cassana
  • 3° tappa: lunghezza 45 Km – Dislivello in salita 800 m – Quota max 2323 m Passo del Bernina