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Pagine di diario contenente i racconti giorno per giorno della TREGIORNIMTB

TREGIORNIMTB2015

Giorgio, Pier, Marco, Luca, Ermano, Monica, Gino, Saverio, Paolo, Massimo, Sergio, Fabrizio, Raffaele, Gherardo

Giorgio, Pier, Marco, Luca, Ermano, Monica, Gino, Saverio, Paolo, Massimo, Sergio, Fabrizio, Raffaele, Gherardo, Pino

LA TREGIORNIMTB “torna a casa”!

Domenica 9 agosto 14 ciclisti hanno partecipato alla TREGIORNIMTB2015.

Hanno risalito la valle Ellero raggiungendo il rifugio Mondovì per una breve pausa ristoratrice. Convinti dalle indicazioni dell’amico Gestore del rifugio a cambiare il loro programma, invece di ritornare al fondo del Pian Marchisio e salire al colletto del Seirasso, hanno proseguito in direzione “Mongioie” – sud- salendo  ai 2330 metri del colletto Brignola. Doveva essere una salita  con un dislivello ciclabile di circa 400 metri, poi un traverso per collegarsi ad una traccia più evidente, fino allo scollinamento attraverso gli alti pascoli sotto la cima Brignola.

In realtà buona parte del percorso è stata affrontato con la bici a mano per il fondo a tratti molto sconnesso e per la pendenza più che moderata. Un tratto è stato affrontato con le bici a spalle. Dunque l’iniziale “salita ciclabile” è risultata una fatica che ha messo a dura prova anche i più allenati del gruppo. Comunque, raggiunto il colletto, i partecipanti sono scesi lungo pratoni dal fondo scavato dagli ultimi temporali raggiungendo la sterrata nei pressi del lago della Brignola.

Dal fondo del vallone sono poi risaliti fino al Rifugio La Balma; scesi lungo le piste da sci fino ad Artesina e poi ancora su fino al colletto di Baracco, uno dei punti panoramici più belli sulla valle Ellero. Hanno poi affrontato la lunga discesa fino al fondovalle toccando i Barmas, Colletto del Pino, Baracco, Norea e infine Roccaforte Mondovì .

 

 Lunedì 10 agosto –

La prevista gita al BRIC  MINDINO è stata annullata per il maltempo che fin dalla notte ha imperversato con forti piogge e temperature in deciso calo.

Ma per i partecipanti venuti da lontano a trascorrere la “TREGIORNI…” è stata una giornata comunque intensa e ugualmente piacevole:

mattino: visita alle Grotte di Bossea e pranzo al Ristorante Corsaglia

pomeriggio: museo della bicicletta di Cosseria

 

 

Martedì 11 agosto –

Al punto di ritrovo per la partenza della terza tappa , in piazza Eula a  Roccaforte Mondovì, si ripresentano oltre una decina di bikers- Per alcuni è un ritorno per altri si tratta della “prima ” tappa. E’ anche la prima volta di una mtb a “pedalata assistita” che porta Pino da Beinette.

Percorsa tutta via Alpi, il gruppo risale il sentiero che collega le borgate di Annunziata e Norea per poi salire a Prea lungo la vecchia via. In mattinata raggiunge il colle Pigna, scende lungo le sterrate di servizio degli impianti invernali fino all’arrivo dello skylift Betulla per poi raggiungere la strada che sale dal pilone dell’Olocco affacciandosi in Valle Pesio. La bella giornata offre lo splendido panorama sul Marguareis, Bric Costa Rossa e Bisalta le cui pendici si perdono nella pianura cuneese.

Superato il gias Mascarone fra un numero infinto di mucche al pascolo con i loro vitellini, il gruppo abbandona la larga mulattiera e raggiunge dopo una lunga e divertente discesa la Certosa di Pesio.

Seguendo i sentieri, ben segnalati, che ricalcano in parte il tracciato delle piste di sci di fondo  i partecipanti raggiungono la borgata di Fiolera e poi salgono al pilone dell’Olocco.

Con un ultima divertente discesa raggiungono il colle del Murtè e fanno ritorno a Roccaforte Mondovì lungo la provinciale.

 

La mtb "assistita" di Pino

La mtb “assistita” di Pino

TREGIORNIMTB2014

samsung2014 157t  S2040016ARRIVATI A TRIESTE !

 

conclusa la Traversata delle Alpi in mountain bike inziata nel 1999

Martedi’ 6 agosto 2014 il gruppo di otto cicloalpinisti partiti tregiorni prima da Tarvisio è arrivato nella bellissima piazza Unità d’Italia davanti al grande golfo di Trieste . Con loro termina un viaggio iniziato nel luglio del 1999 nelle valli cuneesi, in Piemonte.

DOMENICA 4 AGOSTO – da TARVISIO a BOVEC

la salita bici a spalle più dura dell’intera GranTraversataCicloalpinistica delle Alpi

Dursamsung2014 120ante la prima tappa da Tarvisio a Bovec in Slovenia, è stata risalita per la prima volta con la mountain bike la forcella Lavina dai laghi di Fusine.

samsung2014 119Il canale detritico che porta dritti, dritti alla forcella inizia a quota 1250 m; fini lì si pedala poi la bicicletta diventa, davvero, solo un peso ingombrante. Fuori dal bosco alcune tacche indicano dove è più conveniente passare, fino a quando la neve accumulata al centro del canale nasconde tutto. Si procede molto lentamente cercando di stare sempre al centro del vallone. Superato l’ampio accumulo di neve si sale lungo un tratto di  sentiero ben marcato, poi bisogna improvvisare evitando i tratti detrici più instabili e aggirando o arrampicandosi sui massi più grandi. Ottima è stata la scelta di chi scrive, di trasporare la bici con uno spallaccio per avere le mani libere per appgiarsi o aggrapparsi   Solo nella parte più a monte si ritrova una traccia evidente che procede a zig-zag fra le due pareti sempre più vicine fino a sbucare sulla stretta forcella a 2055 metri, in Slovenia.

Il Mangart è lì, proprio sopra di noi. Nonstante  la sua altezza sia modesta – 2679 metri- la parete che domina questa valle sembra immensa vista da quì.  Una montagna quasi bianca, fra le più alte delle Alpi Giulie  dove nessuna cima aggiunge i 3000 metri. Al di là della forcella dove siamo appena sbucati pochi metri di prato separano l’asfalto della strada che sale fin quassù dal fondo della valle delI’ Isonzo – in sloveno Soča -.

Poco più sotto troviamo il rifugio Koka o del Mangart del CAI Sloveno, ma non ci fermiamo perchè il tempo è peggiorato e come previsto stanno arrivando i temporali. Muniti di luci scendiamo lungo la tortuosa strada attraversando numerose gallerie. Al bivio per il passo Predil che riporta verso l’Italia andiamo a sinistra e raggiungiamo Bovec.

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domenica 4 agosto – 1tappa – da Tarvisio a Bovec

  1. 40; dislivello in salita di 1500 metri

Tarvisiolaghi di Fusine forcella Lavinarifugio Mangart Bovec.

pernottamento da hotel Mangart 

lunedì 5 agosto – 2 tappa – da Bovec a Kanal

  1. 65; dislivello in salita di 1500 metri

Bovec –  Kobaridsentiero europeo E7Tolmin Kanal.

pernottamento presso Gostišče Križnič

martedì 6 agosto – 3 tappa – da Kanal a Trieste

  1. 65; dislivello in salita di 700 metri

Kanal – Anhovo-Deskle-Grgar-Nova Gorica-Temnica-Gorjansko-Valico di San Pelagio – Piazza Unita d’Italia a Trieste

3° giorno – Martedì 7 agosto 2012

Dal Passo di Pramollo a Tarvisio

Introduzione


Prendo la mia bici dal garage dell’albergo dove la sera prima l’avevo lasciata così com’era; inzuppata di  acqua quasi come me. Ora è bella lucida, come l’avessi ritirata dopo il migliore dei lavaggi. Non mi preoccupo di oliare la catena; non l’ho mai fatto. Uso un olio  a base ceramica che la protegge bene, anche per più giorni e soprattutto dall’acqua. Mentre il gruppo si affanna a lubrificare, lucidare e preparare il mezzo ne approfitto per fare due passi sulle rive del lago e scoprire la bellezza e la quiete che offrono questi luoghi nelle prime ore del mattino, quando i vacanzieri delle moto, dei camper e dei s.u.v sono ancora lontani

Descrizione – Racconto

Si parte risalendo la ripida strada lastricata che si stacca proprio dietro l’albergo Gallo Forcello, in direzione della Sella Garnizza. E’ subito salita dura per duecento metri , più o meno, e con le gambe fredde non rimane che affrontarla a piedi. Per fortuna la rampa non è lunga e presto si sale in sella. Si attraversano i panoramici pascoli attorno alla casera Auerning (m 1609). Il cielo è intensamente azzurro e pulito, come di solito dopo i forti temporali e riflette la sua luce su tutto ciò che ci circonda; i prati sono più verdi, i fiori si colorano di tonalità più forti e persino le cortecce degli alberi, ancora umide di rugiada o della pioggia caduta nella notte, luccicano come specchi secondo l’angolo da cui le osservi. Tutto sembra più vivo. Anche il gruppo, ormai dimentico dell’avventura della sera prima, scherza e ride, pronto ad affrontare l’ultima tappa di questa TREGIORNIMTB2012.

Abbandoniamo la larga strada e saliamo a Malga For: un gruppo di costruzioni in pietra e cemento simmetricamente sistemate con al centro una bella e comoda fontana con l’abbeveratoio per le mucche. La malga è deserta. Tutti gli infissi sono chiusi. E’ come sigillata. Gli animali  hanno già abbandonato questo pascolo perché l’erba attorno è tutta brucata; torneranno soltanto la prossima stagione, o forse per una breve sosta durante il ritorno a valle a fine estate.

A piedi ci incamminiamo lungo il sentiero segnalato che parte poco prima della case e porta in una decina di minuti sulla Sella Garnizza (m 1674) dove uno stretto passaggio costruito dai pastori facilita lo scavalcamento della recinzione di doppio filo spinato che ancora delimita il confine fra Italia e Austria, ricordo di una discutibile politica difensiva e protezionista “pre europea”: però il filo rimane lì!

Garnitze Alm

Prima di Garnitze Alm i partecipanti svoltano a destra nel sentiero 403

Percorriamo poche centinaia di metri sulla larga sterrata che porta al Garnitze Alm e senza arrivarci deviamo a destra seguendo il sentiero 403 che scende nei prati verso il centro del vallone e punta decisamente ad est. E’ una deviazione consigliata per mantenersi in quota. Sarebbe possibile seguire le comode sterrate sul versante opposto, ma scendono a quote decisamente più basse e si sarebbe poi costretti a risalire sprecando inutili energie. Terminata la prima parte ciclabile, il sentiero entra nel bosco e superato qualche gradino di roccia e un impegnativo attraversamento di un ruscello, sfocia in una bella forestale che scende fino alla Sella della Spalla (1432 m.) dove si congiungono le varie forestali che salgono dai due versanti, quello austriaco e quello italiano.  Siamo di nuovo sulla linea di confine. Scendiamo a destra rientrando per un po’ in Italia lungo una larga pista tracciata di recente che la cartina kompass, chiaramente, non riporta. Bisogna mantenersi in quota e non lascirsi tentare dal scendere verso valle. La direzione da seguire deve riportarci in Austria lungo il tracciato della “traversata Carnica”.  Scendo piano lungo lo sterrato e controllando la traccia sul gps cerco una tacca, una cartello o qualcosa che mi indichi la strada giusta. Intanto buona parte del gruppo è già avanti. Al centro di una larga curva a destra trovo una palina del sentiero austriaco per Egger Alm; è l’attacco del sentiero che cercavo e che coincide con la traccia rossa del mio Garmin. Richiamo gli altri che a fatica e quasi controvoglia risalgono per qualche decina di metri.

Il sentiero 403

Tratto italiano del sentiero 403, fra Sella della Spalla e Sella Zille

Il sentiero entra nel fitto del bosco e lo attraversa verso est alternando tratti scorrevoli e quasi pianeggianti, a profondi solchi rocciosi scavati dall’acqua in cui è necessario scendere e risalire sul versante opposto con particolare attenzione; l’ultimo di questi attraversamenti è attrezzato con una catena che agevola la risalita. Ancora un tratto a piedi fra la bassa vegetazione e poi la traccia entra di nuovo nel bosco terminando nello slargo della Sella Zille (1496 m.) raggiunta dalla sterrata che sale dal versante austriaco. Superiamo per l’ennesima volta il confine e svoltiamo a destra seguendo sempre l’indicazione per Egger Alm, ben segnalata sul tronco di un enorme abete, salendo ancora per un centinaio di metri. Superati i prati della Kernistzen Alm (1542 m) inizia una larga e veloce discesa dal fondo ghiaioso e alquanto sconnesso dove qualcuno si è procurato delle belle ferite, per fortuna non gravi e prontamente medicate. Al termine si svolta a destra su asfalto. Si sale un po e si arriva a Egger Alm (1422 m); un piccolo villaggio di antiche autentiche casette rurali al centro di una verdissima valle circondata dall’alto dai folti e neri boschi di abeti. Fra le case, addobbate con  coloratissimi fiori di prato, pascolano le grosse mucche da latte, mentre qualche famigliola in vacanza passeggia lungo la stradina che sale e qualcun altro sorseggia una birra seduto ai tavoli della piccola terrazza del gasthaus vicino alla grande fontana. La bellissima giornata e il cielo ancora azzurro fanno di questo luogo una vera oasi di bellezza e di pace. Non c’è però il tempo di fermarci se non per rabboccare le borracce, ormai vuote. La tappa è ancora lunga e in alcuni punti complicata. Lasciamo Eger Alm alle nostre spalle e costeggiamo poco più avanti il bel lago effimero, fortunatamente colmo d’acqua; un altro gioiellino di questo scrigno naturale che stiamo attraversando estasiati. Superata una leggera curva a destra giungiamo a Dellacher Alm  (1362 m).  Cavalli di grossa stazza e  mucche dal manto folto che non abbiamo mai visto prima, pascolano nei prati di lato alla stradina che corre dritta fra le case da ovest a est. Quando ci fermiamo per una breve pausa alcuni dei cavalli si avvicinano e tentano di addentare i nostri zaini che dobbiamo difendere con tutta la forza perché non ce li strappino via.  Superate le case termina l’asfalto e bisogna procedere sulla destra seguendo la traccia erbosa che sale leggermente, contorna dall’alto l’argine franato del torrente e poi ridiscende verso il centro del vallone al limite del bosco. Si supera un cancello che delimita una proprietà privata e chiudendolo si esce definitivamente dalla verde valle dell’Egger; un vero paradiso naturale preservato in modo impeccabile nella sua autenticità. Ora il fondo è sterrato. Al primo bivio andiamo a sinistra in leggera discesa ed evitando ogni deviazione laterale ci troviamo presto in uno slargo dove ricomincia la strada asfaltata.

Dellacher Alm

Tra le case della Dellacher Alm pascolano le grosse mucche da latte

Scendiamo veloci  nell’ombra fitta del grande bosco con il torrente che scorre alla nostra destra. A quota 1100 circa abbandoniamo la traccia principale e svoltiamo a destra in discesa, invertendo il senso di marcia. Superiamo un grande ponte in legno e ci inerpichiamo sul versante opposto. La salita si fa ripida da subito. Il fondo sembra essere asfaltato di recente. Le pendenze in questo tratto sono davvero impegnative e lo saranno per quasi tre chilometri, fino a quando l’asfalto termina per lasciare il posto alla bella strada bianca che, pianeggiante termina fra le case di Dolinzaalm. Ci fermiamo al piccolo Alpenghastof Starhand accolti da due simpatiche ed esuberanti signore e gustiamo l’ultimo strudel in terra austriaca. Apprendiamo infatti che il sentiero S403 è inagibile e siamo costretti a rinunciare all’ultima parte del percorso che ci avrebbe ancora visti salire alla Osterning Alm prima di scendere lungo la valle Bartolo fino a Camporosso in Valcanale.

Valbruna

Il Monte Jof Fuart, caro a Julius Kugy, fotografato dalle case di Valbruna

Lasciamo alle spalle l’accogliente Ghastof e le belle casette di Dolinza alm e superiamo il cancello poco oltre il prato della Sella di Lom. Il cancello in legno, che doverosamente l’ultimo del gruppo chiude dietro di sé, segna il rientro definitivo in Italia. Scenderemo lungo la pista forestale all’inizio abbastanza dissestata, passando accanto al cantiere del nuovo rifugio Nordio in costruzione per poi raggiungere il fondovalle nei pressi di un grosso crocefisso. Un largo e veloce nastro di asfalto ci porterà fino ad Ugovizza. Lasciati sulla destra la bella chiesa e il  ponticello coperto che porta sul sagrato, attraversiamo la statale e svoltiamo a sinistra seguendo un tratto di pista ciclabile. Al bivio successivo per evitare il traffico e la tristezza della strada statale,  seguiremo per Valbruna, piccolo centro adagiato nello splendido scenario dominato dai monti di Yulius Cughi, grande alpinista triestino, a cui è intitolata la sede locale del CAI e  di cui si può ammirare in una piccola piazzetta adiacente un bel busto bronzeo a suo onore e ricordo. Per raggiungere Tarvisio, però, si svolta a sinistra prima di entrare in paese seguendo le indicazioni per la pista ciclabile dell’Adria.

Verso Tarvisio

Negli ultimi chilometri della TREGIORNIMTB si pedala rilassati sulla ciclabile verso Tarvisio

Chiosa
Sono gli ultimi chilometri della TREGIORNIMTB2012, che va a terminare. Si pedala ormai rilassati, forse un po’ delusi per non poter completare l’itinerario previsto, ma comunque contenti per aver pedalato in ottima compagnia e conosciuto nuovi amici; per aver trovato dovunque simpatia, disponibilità e cordialità;  per aver visitato ogni giorno luoghi nuovi; per aver attraversato  ancora una volta “terre alte”  affascinanti.  L’appuntamento è , come sempre, per il prossimo anno che vedrà certamente l’arrivo classico nella città di Trieste dopo aver percorso un itinerario che si sta delineando molto interessante e divertente.

2° giorno – Lunedì 6 agosto 2012

Da Paluzza a Passo Pramollo

INTRODUZIONE

Quella di oggi è una tappa complicata fin dall’inizio per le tante deviazioni da seguire e per questo, già nel briefing di ieri sera, ho chiesto a tutti i partecipanti di prestare particolare attenzione ai riferimenti riportati sulla “DESCRIZIONE DELLA TAPPA” per evitare il più possibile grossolani errori di percorso e di rimanere uniti per non perdere troppo tempo nel ripartire dopo le soste. L’umore del gruppo è ottimo. Si ride e si scherza come sempre nei primi chilometri, sopratutto se facili e pedalabili come questi, forse incuranti della fatica e ignari degli imprevisti ai quali possiamo andare incontro.

DESCRIZIONE – RACCONTO

Lasciamo Paluzza attraversandone il centro da nord a sud per poi svoltare a sinistra in direzione di Treppo, Ligosullo, Paularo.

Anche se sto già andando “in fuga” per trovare un buon punto di ripresa per la mia telecamera e ostento sicurezza e tranquillità, in realtà sono un po’ preoccupato; un po’ ansioso di portare velocemente al termine la tappa di oggi; ci sono vari scollinamenti da effettuare in quota e la parte finale in territorio austriaco è un dedalo di sentieri e stradine che solo a vederne il tracciato sulla carta kompass, mi scoraggio. Confido molto nella traccia gpx  che l’amico Graziano ha costruito con il suo computer.  Arrivo a Treppo Carnico con un leggero vantaggio sul gruppo e spero di fare una bella ripresa di tutti i partecipanti insieme prima che si sfilaccino sulle rampe della prima salita. Mi fermo poco prima del ponte all’ingresso del paese dove un enorme striscione da “il benvenuto a Treppo Carnico”. Poco più avanti la strada incomincia a salire più ripida e raggiunge Ligosullo. Qualcuno del gruppo, che non ha prestato attenzione alle indicazioni e alla  traccia memorizzata sul proprio navigatore, al bivio sulla forcella di Lins ha tirato dritto invece di salire a sinistra per Castel Valdajer, e con sé ha trascinato altri partecipanti.  In effetti in quel punto le indicazioni non sono molto chiare; nel dubbio è sufficiente ricordarsi di “non scendere”. Poco oltre  il bivio aumenta la pendenza e dopo una svolta a destra si esce dal bosco per un po’ e il panorama si allarga dominato dalla severe cima …. riconoscibile sullo sfondo verso nord-est.

Salita verso casera Nut

Salita verso casera Nut

A Castel Valdajer termina l’asfalto e si dipartono nei pressi della bella fontana innumerevoli sentieri anche per mountain bike, ma non troviamo la palina del sentiero S447. Comunque seguendo la descrizione del percorso andiamo a destra sulla larga forestale e poi ancora a destra in leggera discesa verso Cueste Robbie Alte. Seguiamo la traccia che ci indica il gps, ma siamo costretti a fermarci per confrontare la carta, il navigatore e le tracce sul terreno. Indicazioni poco chiare e non corrispondenti alla cartina topografica ci fanno perdere tempo prezioso. Fortunosamente incontriamo una guardia forestale che ci sconsiglia di intraprendere il sentiero S447 perchè inagibile nella parte finale a causa di frane e smottamenti. Ci indica una deviazione più ciclabile che percorre, in parte, un circuito locale segnalato per mtb ma che allunga il percorso dovendo scendere nel fondo del vallone di almeno 300 metri di dislivello per poi risalire di alla stessa quota sul versante opposto. La discesa non è di facile individuazione per gli incroci con le molte strade forestali tracciate per recenti disboscamenti. Il rischio è di imboccarne una e scoprire poi di doverla risalire perchè termina nel nulla. Così accade, per fortuna una volta soltanto, ma intanto siamo costretti a fermarci sovente per fare il punto sulla carta e valutare se il percorso che stiamo facendo è quello giusto. Finalmente incrociamo le indicazioni “mtb” che cercavamo e le seguiamo scendendo lungo un single track facile e divertente. L’andatura è comunque tranquilla, di chi non vuole rischiare. Quasi al termine della discesa, però Stefano cade. Dolorante alla spalla fatica a muovere il braccio sinistro. Una pietra nascosta dalla vegetazione, molto fitta in questo tratto, ha tradito la sua eccellente tecnica di guida e ora è steso a terra e non riesce ad alzarsi. Lo capiamo tutti: “è una brutta botta”. Finalmente si rialza, ma di salire in bici nemmeno se ne parla. Non sopporta nemmeno lo spallaccio dello zaino sulla spalla. In quel posto non è certo possibile chiedere soccorso: siamo in fondo ad uno stretto vallone dentro a un bosco fitto da cui è difficile capire il colore del cielo, talmente è lontano. Anche se dolorante, Stefano si incammina a piedi. Cercheremo di raggiungere con lui la strada asfaltata che dovrebbe essere circa 300 metri sopra di noi. Da lì chiameremo i soccorsi, perché è ormai evidente che non può proseguire: forse la spalla è uscita dalla sua sede (dalla sede di Stefano!). Il pensiero comune, in questi casi, è che “poteva andare peggio”, ma io penso sempre che “poteva anche andare meglio”, vi pare?

Cason di Lanza

La larga sterrata che da Cason di Lanza porta a Casera val d’Aip

Raggiungiamo l’asfalto nei pressi della Casera Nut, sulla stretta strada che da Paularo sale al Cason di Lanza.

Stefano è più tranquillo, ma la sua 2^ TREGIORNI, ahimè, finisce qui; con un brutto infortunio alla spalla. Lo salutiamo mentre il medico e l’infermiere del 118 lo stanno caricando, imbarellato, sull’ambulanza che lo porterà al pronto soccorso di Tolmezzo.

La compagnia, che per ingannare l’attesa dei soccorsi si era rifocillata con polenta, frico e un buon vinello rosso,  riparte un po’ sconsolata e quasi contro voglia.  Si scende brevemente lungo lo stretto e veloce asfalto e proprio al termine della discesa, si incrocia il termine del  sentiero 447,  dove avremmo dovuto sbucare seguendo le indicazioni in nostro possesso; accanto alla palina, però,  un cartello di divieto di transito e una inequivocabile scritta “SENTIERO INAGIBILE” ci rendono consci che la deviazione era inevitabile. L’incontro con la guardia forestale a Castal valdajer è stato provvidenziale.

Il ritardo accumulato mi preoccupa, anche perché in serata sono previsti forti temporali e la strada da fare è ancora lunga, ma cerco di non farlo vedere agli altri. L’incidente di Stefano mi ha reso ancor più ansioso.

Intanto si pedala verso il passo di Cason di Lanza: una salita asfaltata con pendenze decisamente impegnative, giudicabili intorno al dieci per cento. L’ambiente è molto bello. Stiamo risalendo una stretta valle fra radi pascoli e scure pinete che paiono come aggrappate alle grigie cime rocciose e verticali che racchiudono i due versanti. Solo in cima, poco prima del passo, la strada va via dritta e la valle si apre fra il Monte Zermola e la cima Pizzul che dominano i prati verdi con le costruzioni del Cason di Lanza. Facciamo una breve sosta: chi per acquistare il buon formaggio locale ed io per bere un doppio caffè forte che mi aiuti a digerire la polenta, ma soprattutto il quartino di quel buon vinello sorseggiato alla casera Nut.

Abbandoniamo l’asfalto e saliamo a sinistra fra le case trovando facilmente l’indicazione per Casera Val Dolce. Si sale lungo una larga sterrata con un bel tratto lastricato sul finale, prima di scollinare nella valle di Aip. Intanto è iniziato a piovere e tutte le cime intorno si sono coperte. Ci ripariamo in una grossa stalla in attesa che il temporale cessi di intensità. Di colpo la nebbia si alza e si scoprono un po’ gli scoscesi versanti dei monti che racchiudono questo verde vallone. La sterrata termina fra i prati di fronte alla casera d’Aip. Una solitaria tacca bianco-rossa ci indica il sentiero da seguire. E’ una traccia a mezza costa, difficile da individuare, che scende nei prati sottostanti cosparsi di cespugli di pino mugo. Più che un sentiero è un ruscello impossibile da affrontare in sella, pieno di grosso pietre smosse e continue buche nel terreno dilavato dalle continue piogge e dal passaggio degli animali al pascolo. Soltanto nell’ultima parte si può pedalare per qualche centinaia di metri fino ad arrivare sotto alla pietraia che porta dritto alla Sella d’Aip.

Massi nella salita alla Sella d'Aip

Grossi massi nella salita alla Sella d’Aip che i partecipanti alla TREGIORNIMTB2012 affrontano sotto alle pareti del Monte Cavallo

Grossi massi e alti gradini rocciosi si susseguono lungo un percorso tortuoso e difficile da individuare. Si può solo procedere con la bici sulle spalle e in alcuni punti è necessario farsi aiutare da qualche compagno per issare la bicicletta. Si tenta di seguire il sentiero segnalato che prosegue sulla sinistra, ma alti scalini molto faticosi da affrontare con la bici sulle spalle suggeriscono di tenersi sulla destra, proprio sotto la parete del Monte Cavallo. I più esperti ed alpinisti del gruppo individuano una linea di salita più facile, comunque sempre ripida, che sale dritta per una decina di metri verso la parete per poi tagliare di traverso il canale centrale e raggiungere la parte finale del sentiero erboso. La salita di questo tratto, da fare tutta con la bici a spalle perché in nessun punto è possibile spingerla o tenerla di fianco, dura circa trenta minuti e alcuni tra i forti l’hanno percorsa due volte per aiutare chi non ce la faceva a caricarsi la mountain bike sulle spalle. Un brindisi ed un applauso serale sarà il ringraziamento per la loro generosità.

Quando giungiamo sulla sella il tempo sembra peggiorare ancora una volta. La nebbia sale dal vallone che abbiamo percorso e per qualche minuto riusciamo a individuare tutto il tracciato fino alla base della pietraia. Alla nostra destra, poco più in basso, è sistemato il rosso bivacco Lomasti.

Scendiamo, naturalmente a piedi, lungo un largo sentiero accidentato e ancora una volta scalinato.

Panoramica della Val Grande di Timau

Panoramica della Val Grande di Timau, presso Casera Piotta durante la TREGIORNIMTB2012

Ricomincia piano piano a piovere e il cielo si fa sempre più nero. I tuoni e i lampi, prima lontani, si avvicinano sempre di più. Vorremmo seguire il sentiero 403 che coincide con la traccia più breve del nostro gps, ma ci porta in una zona sempre più pietrosa e accidentata, per nulla ciclabile. Optiamo per la variante più ciclabile e puntiamo verso Running Alm scendendo lungo la pista da sci. Lì dovremmo individuare il sentiero 415 che ci guiderà fino al passo. La pioggia aumenta di intensità mentre girovaghiamo in mezzo al dedalo di strade e stradine confusi dai cartelli delle piste da sci e dalle paline numerate dei sentieri. Incrociamo finalmente il 415 che arriva da destra. Scendiamo ancora un po. Una serie di incroci e altri cartelli incomprensibili ci confondono. Diamo uno sguardo alla cartina, ma la pioggia ne rende impossibile la lettura. Il temporale è proprio sopra di noi quando, aggirata la Running Alm troviamo un’indicazione per il Nasfeldpass, passo di Pramollo in austriaco, e iniziamo a salire. Secondo i miei calcoli non dovremmo salire più di tanto. Il sentiero che avevo individuato sulla carta dovrebbe tagliare le piste da sci a quota 1450, massimo 1500 e mantenersi in piano fino al passo che è a 1530 metri. Sui nostri gps non  abbiamo la carta della zona; i dettagli finiscono proprio sul confine. Sul display c’è soltanto una linea di colore viola che, nemmeno tanto tortuosa, arriva a destinazione. “Siamo vicini al passo, ce lo indica il gps”, lo dico a tutti e anche all’ultimo della fila che mi fermo ad attendere per incoraggiarlo e non lasciarlo solo. La pioggia continua, sembra, ancora più fitta. Continuiamo a salire. Stiamo puntando esattamente alla punta del Madrischen, a oltre 1900 metri, dove arriva l’impianto più alto. E’ chiaro che abbiamo sbagliato strada, anche se la direzione è giusta. Il gruppo ormai è sgranato e ognuno, forse, pensa per sé. Ognuno spera soltanto di arrivare in fretta lassù per capire se c’è una soluzione per poter scendere e arrivare al più presto in albergo. La luce sta calando, sono quasi le otto e non ci rimane più tanto tempo per trovare la giusta direzione. Finalmente ci ritroviamo tutti insieme, mentre la pioggia, divenuta ormai l’ultimo dei nostri problemi, continua a scendere fra lampi e tuoni. Aggirata la cima troviamo una larga sterrata che proviene dal basso; non ci rimane che seguirla nella speranza che ci porti il più vicino e il più presto possibile alla meta. In breve siamo fra i condomini della stazione sciistica austriaca di Nassfeld a poche centinaia di metri dal confine italiano. Giungiamo al Gallo Forcello che sono quasi le otto e mezzo. E qui è doveroso fare un plauso e ringraziare tutto il personale dell’hotel che ha atteso fino a tarda sera per servirci un ottima cena, riservandoci una cordialità inaspettata.

1° giorno – Domenica 5 agosto 2012

Da Forni Avoltri a Paluzza

Forni Avoltri

L’abitato di Forni Avoltri

Dalla finestra della camera dell’albergo vedo l’intero paese. La collina, il prato, poi la chiesa con il lungo campanile e sotto le case e poi il torrente, il ponte e altre case. I rintocchi della campane annunciano la messa: oggi è domenica. Il sole qui non è ancora arrivato e perciò il cielo è ancora bianco, ma sgombro da nubi. Sembra una bella giornata. L’aria è fresca e l’asfalto è ancora umido per la pioggia caduta nella notte.
Le biciclette sono pronte, tutte in fila lungo la stradina che va in centro.
Puntuale come non mai,  il gruppo compatto lascia l’accogliente centro di Forni e….

… svolta a sinistra in direzione di Sigiletto. La strada transita accanto alla chiesa e poi esce dal paese poco più in alto. La salita non è ripida, ma sono le prime pedalate della giornata e la sensazione è di gran fatica. Ognuno sale con il proprio passo. Abbiamo bisogno di riscaldarci. Vorremmo affiancarci con chi ci sta davanti o attendere chi è dietro di noi per scambiare due parole, ma rimaniamo in fila indiana perché il traffico, prima quasi inesistente, sta aumentando. Oltre alle tante auto che risalgono la vallata ci superano anche alcuni enormi pulman “gran turismo” che portano i vacanzieri al rifugio Tolazzi (1350 m).

Salita al Rifugio Marinelli

I partecipanti della TREGIORNIMBT2012 salgono al Rifugio Marinelli

Quando giungiamo, dopo circa 7 chilometri da Forni, troviamo i parcheggi attorno al rifugio completamente pieni. Per fortuna i mezzi motorizzati si fermano qui. Giriamo attorno al rifugio e risaliamo la ripida strada in cemento mescolandoci fra la tanta gente che si incammina verso i sentieri delle mete prescelte. La maggior parte di essa va nella nostra stessa direzione. E’ infatti il percorso più facile ed è, forse, anche la meta più scontata. Poco oltre il rifugio il fondo cementato lascia il posto ad uno sterrato compatto con pendenze a tratti impegnative. Quando si esce dal bosco la valle si apre quasi improvvisamente e si può individuare quasi tutto il tracciato della strada che andremo ad affrontare.  C’è già molta gente che sta salendo. Qualcuno incuriosito dalle targhette che portiamo sul davanti della bici, chiede informazioni e volentieri spieghiamo loro il percorso che stiamo facendo.

Con una serie di lunghi tornanti risaliamo i prati sul versante nord del vallone e affacciandoci dall’ultimo di questi riusciamo a vedere l’intera salita  con sul fondo il piccolo paese di Forni. I prati quassù sono di un verde così intenso che è facile intuire che la pioggia è una caratteristica costante del clima locale e noi ne saremo presto testimoni.

Rifugio Marinelli

La TREGIORNIMTB2012 al Rifugio Marinelli

Dopo 15 chilometri dalla partenza termina lo sterrato sul piazzale del rifugio Marinelli (2120 m). La terrazza si affaccia sulla Val Grande di Timau ed è già piena di gente. Il cielo è sereno, anche se un leggero velo di foschia attenua i colori e confonde le linee e i profili all’orizzonte. L’accogliente rifugio e il buon caffè di moka invitano a rimanere, ma dei grossi nuvoloni neri si stanno accumulando attorno alle cime sopra il passo. Viste le previsioni meteo che annunciavano poggia nel pomeriggio è meglio non indugiare troppo e iniziare al più presto la discesa verso il fondovalle. Peccato, perché il posto è davvero bello e merita una pausa più prolungata. Si segue l’unico sentiero che scende nel vallone e che si stacca dal piazzale del rifugio poco oltre la palizzata del terrazzo. La prima parte è la più sconnessa e in una paio di punti si è costretti a scendere dalla bici. Cento metri circa sotto il rifugio il sentiero si allarga e diventa ampia mulattiera, comunque scorrevole, anche se il fondo rimane alquanto sconnesso. Con una serie di tornanti si scende di quota e si incontra prima la deviazione per Casera Plotta e poi quella per Casera Collina Grande facilmente individuabile alla nostra destra, al centro di un bellissimo verde pascolo. In entrambi i casi si prosegue dritto. Dopo un veloce traverso, dal fondo più ghiaioso, si entra nel bosco e la strada larga invita ad aumentare la velocità.

Poco oltre,in corrispondenza di una secca curva a destra, con fondo cementato, troviamo la chiara indicazione del Sentiero 148. E’ un sentiero all’inizio ciclabile con alcuni passaggi divertenti fra massi e radici che si mantiene più o meno alla quota del passo che dovremmo raggiungere. Scende per qualche decina di metri per poi superare uno scalino roccioso obbligandoci a salire per dieci, quindici minuti al massimo con la bici sulla spalle o comunque senza la possibilità di pedalare. La salita termina fra i prati e troviamo, per nostra gioia, una discreta sterrata che, passando accanto ad una fresca sorgente, raggiunge il piazzale del passo di Monte Croce Carnico (1357 m). E’ uno stretto passaggio tra ripide pareti rocciose, dominato dalle vecchie costruzioni militari. Al centro, ad ugual distanza dal Bar Italiano e da quello Austriaco, si erge la fatiscente tettoia degli uffici dell’ex dogana a ricordare che non molti anni fa, quando si oltrepassava il confine fra due stati era necessario farsi riconoscere con un documento di identità e sottoporsi ai controllo di rito.

Panoramica della Val Grande di Timau

Panoramica della Val Grande di Timau, presso Casera Piotta durante la TREGIORNIMTB2012

Tutto intorno c’è solo rumore di motori di auto , moto e camper che arrivano e ripartono quasi subito; c’è puzza di gas di scarico e odore di birra e di caffè forte. Non ci fermiamo molto; soltanto il tempo di un gelato confezionato e di una fresca bibita con le bollicine e poi ritorniamo sui nostri passi. Ripercorriamo a ritroso il sentiero 148 fino a ritrovare la sterrata con la quale siamo scesi dal rifugio Marinelli e riprendiamo a scendere ancora alla ricerca del percorso della antica “strada romana”. Improvvisamente eccoci sulla statale all’altezza dell’ottavo tornante. Scendiamo sul veloce asfalto fino alle prime case di Timau dove, superato il torrente But  Seguiamo le indicazioni della pista ciclbile “via romana” che dovrebbe correre quasi parallela al torrente ma dall’altra sponda. In due occasioni, almeno, siamo costretti a ritornare indietro perché la traccia indicata terminava in un campo. Non ci rimane che rassegnarsi a percorrere la via normale che in breve ci porta al centro dell’abitato di Paluzza e all’hotel dove ci attende il pulmino con i bagagli.

3° giorno – Martedì 7 agosto

Sui sentieri di “Trenino Rosso”, da Celerina a Tirano

Il 3° giorno,  martedì 7 agosto, si fa ritorno in Italia.

Il gruppo dei bikers è partito già da almeno un’ora. Io ho caricato l’ultimo borsone sulla vettura portabagagli e ho lasciato alla stazione di Celerina gli amici che ci hanno seguito in questi giorni. Torneranno a casa in treno.
Ci rincontreremo nel pomeriggio a Tirano, a conclusione della tappa e lì ci saluteremo definitivamente. Con loro è partito anche Fulvio, l’autista ufficiale della TREGIORNIMTB, che ritorna a casa anzitempo per gli evidenti problemi causati dal brutto incidente del sabato.
Prendo io il suo posto e mi appresto a trascorrere una giornata da tranquillo turista in giro per le valli svizzere.

…sto risalendo la statale verso il Passo Bernina…

…la giornata è un po’ offuscata da un cielo meno limpido dei giorni precedenti e le belle cime del Bernina e del Diavolezza spesso sono nascoste da dense nubi, ma nulla di preoccupante: le previsioni meteo sono buone e il cielo è in prevalenza sereno. Intanto Fabrizio, Gherardo, Gigi, Graziano, Luigi, Marco, Massimo e Raffaele stanno ripercorrendo la prima parte dell’itinerario di ieri fino alla stazione di Morterasch.

Memori dell’errore commesso ieri che ci aveva costretti a procedere con la bici a spalle su un piccolo e ripido sentiero, supereranno il cancello del parcheggio custodito poco oltre la stazione e ritroveranno le indicazioni della pista ciclabile. Mi diranno, poi, che anche questo percorso è comunque molto ripido, al limite della pedalabilità, ma per fortuna non è troppo lungo.

Mentre loro stanno affrontando proprio questo tratto, io mi trovo comodamente seduto su una panchina a pochi metri dai binari della ferrovia.. Ho parcheggiato l’auto alle mie spalle. Qui la statale compie un paio di tornanti e la ferrovia l’attraversa, per raggiungere, qualche chilometro più avanti, la stazione di Bernina Suot. Per chi percorre la statale questo è il punto panoramico più suggestivo dell’intera valle. La piazzola alle mie spalle, di lato alla strada permette a chi lo vuole di sostare e la panchina su cui son seduto dà la possibilità di godere a pieno e in totale rilassatezza di questo ambiente fantastico.

Sono all’imbocco del Vallone di Morterasch e davanti a me vedo il ghiacciaio che scende dal Bernina e che si innalza grandioso alle spalle del nero bosco di abeti da cui, fra breve, sbucherà il treno, con i suoi coloratissimi vagoni rossi. Ne sento il rumore in lontananza. Eccolo, eccolo! Ora lo vedo sfilare in tutta la sua lunghezza ai margini del bosco. Poi scompare di nuovo per un po’ e poi, quasi di colpo, ricompare in primo piano a pochi metri da me. Con grande stridio di freni rallenta la corsa per attraversare la strada asfaltata e passare con un secca svolta sull’altro versante della valle. Pare che tutti i vagoni mi girino attorno.

Con la mia piccola digitale scatto un gran numero di immagini: in primo piano i vagoni rossi terribilmente inclinati  per compiere la stretta curva; sullo sfondo il bosco nero ancora nell’ombra e all’orizzonte il bianco e lucente enorme ghiacciaio con le cime innevate che si stagliano in un cielo diventato limpido proprio in questo istante. Come dire? “Un bel colpo di fortuna!”.

Il rumore stridente se n’è andato via col treno ed è tornato il silenzio di prima. Mi volto e mi accorgo solo ora che alle mie spalle c’era un bel gruppo di persone. Si sono fermate anche loro per godere dello stesso spettacolo. Mentre tornano verso le auto parcheggiate accanto alla mia, parlano fra loro. Sono stranieri, sono in vacanza, sono contenti Il tono della loro conversazione è pacato, rispettoso. Nessuno parla ad alta voce, confusamente. Nessuno urla, come invece accadrebbe da noi. Mi guardo attorno come per salutare un’ultima volta questo bel posto e noto che per terra non c’è un pezzo di carta, ne un mozzicone di sigaretta, ne una lattina o una bottiglietta di plastica. E’ tutto è pulito. La cosa strana è che non c’è nemmeno il cestino dei rifiuti: qui ognuno è abituato a portarseli a casa…i propri rifiuti.  Penso allora che se il mondo fosse più pulito forse non oseremmo sporcarlo. Potrebbe essere una soluzione! No?

Riparto e poco prima della stazione di Bernina Suot trovo i miei amici, in rigorosa fila indiana che stanno salendo verso il Passo. Ci salutiamo. Qualcuno ne approfitta per lasciarmi in custodia i souvenir acquistati nel paese più in basso. Poi svoltano a destra e riprendono la pista ciclabile verso il centro della valle, allontanandosi dalla statale. Attaverseranno varie volte i binari dell ferrovia. Costeggeranno le rive del Lago Bianco e poi saliranno al Passo, nei pressi dell’Ospizio Bernina. A 2300 metri.

Il vento è freddo, quasi gelido. Scatto qualche foto al lago, alle cime anche se seminascoste dalla nubi, così per portarmi qualche immagine ricordo di questo posto. Poi mi rifugio nell’unico bar che c’è sulla destra poco prima di scollinare. Dentro un profumo di dolci caldamente invitante. Dietro i vetri del piccolo bancone ogni sorta di ben di Dio. La scelta è difficile. Mi faccio consigliare dalla signora che mi porge una enorme fetta di torta di mele. Fantastica!

Inizio a scendere verso l’Italia. A quest’ora gli amici bikers saranno anche loro sul Colle. Io preferisco precederli e giungere in tempo a Tirano dove l’appuntamento è previsto  per le quattro del pomeriggio.

Dal Colle scenderanno di nuovo al lago Bianco per riprendere la pista ciclabile che percorre il versante destro idrografico della valle. Affiancheranno e sovente riattraverseranno i binari della ferrovia percorrendo un divertente sentiero ciclabile all’interno di un bellissimo bosco di abeti. Supereranno una zona in cui l’erosione dell’acqua ha formato le caratteristiche “marmitte dei giganti” simili a quelle segnalate nei pressi di Chiavenna. Finalmente giungeranno a Poschiavo, sulle rive del lago.

Superato il confine a Campocologno eccoli giungere nel centro di Tirano proprio mentre alle loro spalle sopraggiunge il tipico trenino rosso che sfila a pochi metri dalle porte delle case sul lato destro della strada, fra il traffico cittadino, come da noi accade con i tram in città. E’ un immagine inconsueta, per noi, ma normale per questi luoghi dove ogni 15 minuti arriva o parte un treno delle ferrovie elvetiche.

Nella stessa piazza si affacciano la stazione ferroviaria svizzera e quella italiana. Sono due mondi che si confrontano. Nella stazione elvetica l’ambiente è luminoso, pulito, ordinato. C’è anche un’invitante vetrina che pubblicizza il turismo in svizzera con alcuni bellissimi modellini di treni, e non solo rossi. I binari, le pensiline, i marciapiedi sono pulitissimi e mantenuti come nuovi. Anche il personale pare muoversi all’interno con più professionalità e voglia di fare.

La stazione italiana è quasi fatiscente. Scritte di ogni tipo compaiono un po’ su tutti i muri dove l’intonaco si stacca qua e là.. E’ tutto più grigio e trascurato. Anche i muri all’interno sono sporchi da tempo. Il personale si muove quasi annoiato fra gli uffici e i binari.

Fuori, la piazza è accogliente e viva. Si affacciano un gran numero di locali che offrono spuntini, pizze e pranzi completi per ogni tipo di tasca. Un lungo e bellissimo viale collega il centro di Tirano al santuario della Madonna di Tirano. E’ una chiesa bellissima che, nell’attesa degli amici bikers, ho visitato. All’interno c’è un ammirevole organo del 1600 intagliato e intarsiato in legno e marmo che lascia davvero senza fiato.

Sono quasi le 16 quando Fabrizio, Gherardo, Gigi, Graziano, Luigi, Marco, Massimo e Raffaele arrivano qui in piazza.

La tappa è stata breve: 45 chilometri e 800 metri di dislivello, ma inaspettatamente bella e divertente.

La carta utilizzata è la numero 93 della Kompass (Bernina-Sondrio)

Questo sarà il punto di partenza per la TREGIORNIMTB2008.

2° giorno – Lunedì 6 agosto

Il tour dei due mondi

Il gruppo all'hotel Zur Alte Brauerei

Il 2° giorno si parte  da Celerina.  La giornata non è limpida come ieri, ma la chiara luce che filtra attraverso le nubi ci fa pensare che fra poco tutto si dissolverà e anche oggi sarà bel tempo. La temperatura è fresca. Qualcuno parte “in lungo” per poi spogliarsi man mano che i muscoli si scalderanno. Andiamo in direzione di Pontresina seguendo la statale che porta al Passo Bernina. Il traffico è abbastanza sostenuto e perciò procediamo in fila indiana. Là davanti provano già a tirare, ma le proteste degli ultimi della fila fanno desistere subito e si ritorna ad una normale velocità di crociera. Poco dopo l’imbocco della Val Bernina, superata una grande rotonda, ritroviamo la pista ciclabile che per un buon tratto corre parallela all’asfalto per poi allontanarsi e giungere in breve fra le prime case di Pontresina. Mentre si risale la via centrale c’è chi si perde attratto dalle allettanti vetrine dei negozi. Così il gruppo si fraziona finchè la testa è costretta fermarsi per attendere i ritardatari.

Dal centro di Pontresina svoltiamo a destra in discesa su asfalto per poi svoltare subito a sinistra. Superato un ponticello ritroviamo la pista ciclabile e seguiamo le indicazioni per la stazione di Morterasch. La pista sale ripida per un breve tratto e rimane al margine del bosco compiendo una serie di saliscendi. Il terreno è bellissimo e si procede molto veloci. Scendiamo nei prati e attraversiamo i binari della ferrovia e in breve giungiamo alla stazione di Morterasch.

Morteratsch

L’edificio non lo vedi da lontano perché è nascosto da una collinetta ed immerso nel fitto del bosco, di cui sembra farne parte da sempre. Alle spalle della stazione, al di là dei binari il bosco si apre su uno scenario grandioso dominato dal bianchissimo ghiacciaio, che qui chiamano “vedretta” di Morterasch che si stacca dalle creste del gruppo del Bernina, a 4000 metri di altezza. Il trenino rosso è appena ripartito e ha scaricato un gran numero di escursionisti che, in ordinato silenzio, si sta incamminando sul sentiero che porta verso il ghiacciaio. Di lato alla stazione scorrono, impetuose, le grigie acque di scioglimento.

Passiamo sul ponte, lasciamo alla nostra sinistra il cancello d’ingresso al parcheggio custodito e, seguendo le indicazioni per Bernina Suot, ci incamminiamo lungo un sentiero che si inerpica nel bosco. Attraversiamo di nuovo la ferrovia e continuiamo a salire con la bici a spalle. Abbiamo sicuramente perso le indicazioni per la pista ciclabile, ma la direzione è quella giusta. Stiamo percorrendo una scorciatoia che in meno di mezzora ci porta a ritrovare la pista più in alto, poco prima di sbucare sulla statale a meno di due chilometri dalla stazione del Bernina Suot. Cinquecento metri oltre la stazione attraversiamo la statale e imbocchiamo una bella sterrata a sinistra che scende a superare un vallonetto. Lasciamo sulla destra la diramazione per l’alpe Bernina e, superato un ponte, risaliamo sull’altro versante addentrandoci nell’ampia valle Torta, indicata su alcune carte anche con il nome di Val Dal Fain. L’ambiente è particolarmente bello caratterizzato da ampi pascoli, purtroppo ingialliti per la lunga siccità estiva, racchiusi da cime che sfiorano i tremila metri. Finalmente siamo in montagna; di colpo il mondo sembra sparito dietro l’angolo laggiù e la sensazione è che sia sparito da sempre, perché qui stiamo bene. Non c’è più asfalto, non c’è più binario. Le auto, le moto, i rumori a cui siamo abituati, ma ai quali non ci abitueremo mai, si sono ammutoliti improvvisamente. Qualche cosa si sente ancora in lontanza, ma sta andando in un’altra direzione. Ancora qualche battuta scherzosa finchè il gruppo rimane compatto, poi la fatica si fa sentire e ognuno rimane da solo con il proprio ritmo. Lo scroscio dell’acqua nel torrente giù in basso, il rotolare delle ruote sull fondo sterrato e il battito regolare del nostro cuore sono gli unici rumori che sentiamo. Questa è la montagna che andiamo cercando e anche quest’anno l’abbiamo trovata. Ancora un’ultima rampa e la bella sterrata finisce fra i pascoli dell’Alpe Stretta. Siamo a 2427 metri.

Alpe Stretta, bicchieri di latte freschissimo

Ci accoglie una fontana acqua freschissima  dove sono adagiati dei contenitori per conservare il latte al fresco. Mentre, seduti a ai tavoli attorno all’alpe consumiamo i nostri panini per il pranzo, un bambina si avvicina alla fontana e da uno dei recipienti immersi nella vasca estrae con un mestolo del bianchissimo latte e ne riempie due bicchieroni che va a servire ad un tavolo poco più in là, dove un gruppo di tedeschi stà consumando un pasto a base di prodotti dell’alpeggio. A saperlo prima, non avremmo riempito i nostri zaini di panini e barrette!!

Seguendo il sentiero che si stacca dall’alpe, in meno di mezzora e con percorso quasi pianeggiante, arriviamo al passo La Stretta a 2476 metri. Una serie di paline indica i vari sentieri da seguire. Noi seguiamo l’indicazione per le Baite degli Agnelli sul sentiero 104 affrontando un tratto a piedi particolarmente ripido  a picco sulla valle della Forcola. Con un ultimo tratto in sella raggiungiamo la strada asfaltata che scende dalla Forcola di Livigno, sul confine italiano. Siamo infatti in zona franca. Attraversiamo i prati sotto le Baite Agnelli e raggiungiamo una bella sterrata che corre fra l’asfalto e il torrente. In fondo alla valle della Forcola deviamo decisamente a nord e seguendo le piste ciclabili che man troviamo scendendo raggiungiamo il centro di Livigno. Su consiglio di Massimo, grande conoscitore della zona per aver partecipato tra l’altro all’ultima gran fondo “Pedaleda”, anziché attraversare tutto l’abitato fino a Santa Maria per risalire la Valle di Federia effettuiamo una deviazione per non scendere troppo di quota.

Livigno

Poco prima di Sant’Antonio seguiamo il sentiero 116 che si stacca sulla destra fra le case. Guadagniamo quota rapidamente perché in poco meno di un chilometro risaliamo di oltre 150 metri. E’ una rampa micidiale che mette a dura prova la nostra resistenza. Qualcuno l’affronta a piedi per risparmiare la gamba in vista dell’ultima salita che non sappiamo com’è. Più in alto incrociamo il sentiero 112 che seguiamo sempre i direzione nord ( destra nel senso di marcia). Il panorama sull’abitato di Livigno è magnifico. Sotto di noi si apre l’ampia e verde valle di Livigno con le sue estese borgate fatte di case dai tetti tutti uguali, adagiate su un tappeto di prati verdissimi, dove ogni cosa sembra al proprio posto. Anche gli impianti di risalita  non disturbano più di tanto l’armonia dell’intero paesaggio. Verso nord, di fronte a noi l’azzurro lago si incunea fra due pareti rocciose le cui cime sfiorano, e alcune superano, i tremila metri di quota. Siamo ai confini con il Parco Naturale dello Stelvio.

Il sentiero termina in una larga strada bianca che, contro ogni nostra volontà, siamo costretti  a seguire in discesa perdendo così buona parte del dislivello superato con tanta fatica. Al centro di un tornante deviamo a sinistra seguendo le indicazioni della Pedaleda e ritorniamo a pedalare su un ripido sentiero che in breve ci porta sulla sterrata della val  Federia, di nuovo a quota 1900 metri.. Però, in fondo abbiamo percorso un tratto della mitica “Pedaleda”! Senza l’aiuto del grande (è alto 2 metri!) Massimo questo non sarebbe accaduto.

Percorriamo il fondo valle lungo un’ampia strada dal fondo compatto e dalla pendenza moderata, fino ad incrociare le segnalazioni per il Passo di Cassana, poco prima delle baite della Chiesaira.

Presso le baite è possibile e conveniente far rifornimento di acqua perché sulla salita verso il passo acque non ce n’è. E’ già pomeriggio inoltrato quando iniziamo la salita, consapevoli che non sarà certo un divertimento. Soltanto a guardare la prima rampa i muscoli delle gambe si rifiutano di pedalare e siamo costretti a salire a piedi, quasi allungati sulle nostre biciclette tanta è la pendenza di questo tratto. Qualcuno ci prova, a pedalare, ma desiste dopo pochi metri. Chi è allenato a correre in montagna si invola è così, un’altra volta, il gruppo si sgrana. Ognuno rimane di nuovo solo e cerca di salire con il proprio passo, senza forzare, ma anche senza lasciarsi staccare troppo da chi è là davanti, a poche decine metri, comunque irraggiungibile. Ogni tanto mi fermo a scattare qualche foto, così riprendo un po di fiato e riesco anche a guardarmi un po’ attorno. Del sentiero originale, non credo rimanga ancora qualche traccia. Dai grossolani lavori di sbancamento è evidente che questa salita è stata tracciata di recente con una ruspa che ha inferto una profonda ferita al fianco di questa verde valletta. Lunghi e ripidi rettilinei si alternano a stretti tornanti e la pendenza non scende mai al di sotto del quindici per cento. Il fondo è particolarmente sconnesso e pietroso ed è dunque impensabile poter pedalare. Soltanto negli ultimi cento metri la strada spiana un po’ e ci permette di arrivare in sella all’ingresso del grande rifugio Cassana. Il passo è poco più su e lo raggiungiamo risalendo il ripido sentiero che si stacca alle spalle del rifugio. Finalmente in sella transitiamo, ad uno ad uno, sotto il caratteristico solitario crocefisso issato sul colle di Cassana a 2694 metri. Le nostre ombre si allungano già verso est. Siamo un po’ in ritardo. Ci fermiamo soltanto per il tempo di qualche foto e poi giù verso l’Alpe Chauschanuna. La prima parte della discesa è particolarmente esposta, ma con un po’ di attenzione si riesce a stare benissimo in sella. Nella parte centrale il sentiero è invece molto scavato e ripido. L’unico modo per scendere è appoggiarsi ora con un piede ora con l’altro e lasciar scorrere la bici dove è possibile. E’, comunque, un tratto molto divertente. La stretta traccia si perde nei prati che precedono l’Alpe di Chauchausana . Dall’Alpe scendiamo, evitando ogni deviazione laterale, lungo la bella strada forestale che ci porta fino al fondovalle del fiume Inn, nei pressi di Zuoz. All’incrocio con l’ampia strada asfaltata manteniamo la sinistra, tenendoci in quota. Percorriamo le belle piste ciclabili, ora sterrate, ora asfaltate, che per molti tratti corrono parallele alla strada principale. La segnaletica ci indica i  nomi dei borghi che che ci lasciamo alle spalle sull’altro versante della valle;   Zuoz, Chamues e Samedan. Contorniamo l’aeroporto di St. Moritz e in breve arriviamo al bivio con la strada per il Passo Bernina nei pressi di una enorme rotatoria. Ritroviamo le indicazioni per Celerina che ci fanno seguire un ultimo tratto di una bella pista ciclabile che termina a poche centinaia di metri dall’hotel che ci ospita.

Anche stasera siamo arrivati in tempo per la cena. Sono le 19 quando, finalmente, ci ritroviamo con gli amici accompagnatori che ci aspettavano già da qualche ora.

1° giorno – Domenica 5 agosto

L’antica via Bregaglia

Il 1° giorno si parte  da Verceia sul lago di Mezzola, in provincia di Lecco… con un po’ di amaro in bocca!

Ci hanno appena detto che, come ogni estate, i treni per Chiavenna, sono sostituiti da un servizio di bus e che perciò trasportare tutte le nostre biciclette sarebbe un problema. Decidiamo allora di partire in sella direttamente da qui. Gigi ha messo a disposizione la sua auto per trasportare i bagagli, perché quella di Fulvio è stata seriamente danneggiata in un brutto incidente  ieri sera alle porte di Lecco. C’era su anche Giampiero. La forte botta subita nell’incidente lo costringerà a più di una settimana di ospedale. Naturalmente non parteciperà alla TREGIORNI.

Gruppo all'ostello Al Sert

Dall’Ostello AL SERT attraversiamo la statale poco prima di una galleria grazie ad un sottopasso che sbuca proprio di fronte alla stazione ferroviaria di Verceia (chiusa). Costeggiamo il lago di Mezzola fino alle prime case di Novate. Percorriamo  in tutta la sua lunghezza il Piano di Chiavenna e, passati sull’altra sponda del Fiume Mera saliamo fra le case di Gordona. In breve raggiungiamo il centro di Chiavenna e piazza Castello, da dove dovrebbe iniziare la pista ciclabile della Val Bregaglia. Proprio dietro il turrito palazzo dei Conti Balbiani  un piccolo cartello indica la direzione da seguire. La pista si incunea fra le strette mura degli storici  palazzi e con percorso tortuoso e suggestivo, costeggiando dall’alto il fiume Mera, contorna la Riserva Naturale delle Marmitte dei Giganti, caratteristico fenomeno di erosione dell’acqua, che ritroveremo simile anche nel corso dell’ultima tappa presso Poschiavo.

A Prosto passiamo sull’altra sponda del fiume. Di fronte a noi le Cascate dell’Acqua Fraggia. Cerchiamo di seguire, con qualche difficoltà, le indicazioni della “Via Bregaglia” prestando particolare attenzione alla ciclabilità del percorso perché sappiamo che si tratta di un antica via in alcuni tratti non pedalabile. La strada da fare fino a St. Moritz è ancora molta e ci conviene seguire la più facile e scorrevole, evitando comunque per quanto possibile la statale.

Targa 3giornimtb

Grazie all’aiuto di due ciclisti , padre  figlio, che conoscono bene il tracciato riusciamo a procedere abbastanza spediti e a raggiungere le case di Villa.  Ci portiamo nuovamente sull’altro versante (sinistro idrografico) della Mera e seguendo sempre le indicazioni per la “Via Bregaglia” saliamo fino a Santa Barnaba. Un’altra freccia indicatrice ci porta su un sentiero poco più in alto ma, altre indicazioni poco chiare ci consigliano di non proseguire e di scendere verso la statale. Mancano un paio di chilometri al confine quando, varcate un’altra volta le acque della Mera, individuiamo una bella pista ciclabile di recente costruzione. La seguiamo  e in breve ci troviamo al centro del letto del fiume, fra sabbia, tubi e mucchi di detriti di un recente scavo. Di là dal fiume una ventina di metri più alto, scorgiamo la tettoia della dogana poco fuori dall’abitato di Castasegna. Non ci rimane che ritornare un’altra volta indietro e, per fare prima, risalire la scarpata erbosa che ci separa dalla statale caricandoci le bici sulle spalle (esempio di cicloalpinismo urbano!).

Passiamo il confine sotto lo sguardo tipico del “finanziere italiano annoiato”. Non ricordo l’atteggiamento degli svizzeri, ma posso immaginarlo, più attento e severo, quanto meno sospettoso. Saliamo fra le case di Castasegna alla ricerca di un posto dove sostare per il pranzo. Non ricordo che ora fosse, ma sicuramente erano già passate le tredici. Il paesino è un bel borgo attraversato da una larga strada in salita su cui si affacciano le antiche case e la chiesa, caratterizzato da un’architettura molto omogenea. Sembra un salottino appena spolverato con bei mobili, ma senza suppellettili,  dove comunque le poche cose sono al proprio posto. A metà salita si apre sulla destra una minuscola piazzetta, occupata quasi per intero da un lavatoio coperto con un bel tetto in pietra. Ci fermiamo qui per il pranzo, anche perché è l’unico posto più o meno all’ombra. Non c’è un’anima via , quì!.  All’uscita del paese non troviamo alcuna indicazione per la pista ciclabile. Proseguiamo lungo la statale 36. Evitiamo la galleria deviando a sinistra e attraversando il borgo di Pramontogno. Ritorniamo sulla statale poco prima di Stampa. A Vicosoprano deviamo a sinistra ritrovando le indicazioni della “Via Bregaglia” e seguiamo il “Sentiero Panoramico” che si innalza sulla destra idrografica. Una serie di tornanti asfaltati ci portano a Roticcio. Sulla nostra destra (est) il muraglione del lago artificiale dell’Albigna  che interrompe la maestosa cresta che dal Pizzo Badile degrada con andamento sud-est-nord fino alla depressione del passo di Maloja, individuabile fra il verde dei prati alla testata della valle. La strada scende fin nei pressi di una grossa fonte per poi riprendere a risalire con fondo sterrato. In mezzo agli abeti, una serie di gradini  ci costringono a procedere a piedi, poi un bel sentiero percorre i bei pascoli e scende nei prati del fondo valle e attraversandoli fino a raggiungere Casaccia. Proprio qui nasce il fiume Mera, dalla confluenza del torrente Orlegna che scende dal Maloja con le acque dei ripidi  valloni laterali. Da Casaccia l’unica strada da seguire è la statale fino al passo. Vista da qua sotto la salita sembra un salto di roccia insuperabile con i suoi numerosi tornanti. Ma la cosa più dura da sopportare non è la fatica per superare  la pur discreta pendenza della strada, ma il traffico incessante di moto, auto e camper che in questo periodo estivo è particolarmente intenso.

L’arrivo al passo è comunque, come sempre, appagante della fatica sofferta. Sono circa le 17 quando ci riuniamo per l’immancabile foto di gruppo sul punto più alto del colle, dopo aver sorseggiato un caffè al piccolo chiosco in legno dove puoi trovare di tutto. Poco oltre il colle, sulla destra, troviamo la pista ciclabile e le indicazioni per Sigl, Silvaplana, Saint Muratzan (St. Moritz).

Treno St.Moritz

All’inizio, asfaltata, la pista procede in piano attraversando gli ampi prati che si aprono sullo splendido panorama della valle dell’Inn. Il cielo è terso. L’aria pulitissima e le montagne di fronte a noi, illuminate dal sole che si sta abbassando oltre il confine italiano, offrono un ‘immagine di sé incredibilmente definita. Il panorama è molto più dolce della val Bregaglia, . Più ampio.  Seguiamo le piste più basse, ora sterrate e a tratti costeggiamo il lago di Sigl che rimane alla nostra sinistra. Per un po’ ci innalziamo nel bosco e la pista si fa più stretta, con alcune brevi rampe un po’ più ripide. Incominciamo ad incontrare altra gente, chi in bici, chi a passeggio, chi di corsa. Sono persone sicuramente in vacanza, anche se nei campi ci sono grandi balle rotonde di fieno a ricordarci che anche quì, c’è qualcuno che lavoro duro. Usciamo dal bosco e raggiungiamo il lago di Silvaplana. La pista che seguiamo rimane lontana dal lago, sempre sul versante destro idrografico della valle e si dirige verso la collina che lo separa dall’altro lago, quello di di St. Moritz. Ancora un tratto di saliscendi nel bosco e poi giù, verso i prati della piana che circonda il bellissimo centro turistico:St. Muretzan, il nome svizzero di St. Moritz. L’ampia sterrata che percorriamo attraversa campi di golf e numerosi centri ippici e va a terminare alle spalle di un lussuoso hotel dall’architettura molto particolare. Ci immettiamo nel traffico della statale e raggiungiamo la zona della stazione ferroviaria, rimanendo comunque in riva al lago. Seguendo le indicazioni per Celerina – Sclarigna finalmente arriviamo a destinazione, anche grazie agli amici che ci sono venuti incontro.

Pernottiamo in un comodissimo Hotel che ha riservato per noi il dormitorio con deposito custodito per le bici e un ottimo self service dove, fino alle otto di sera, servono un ottima cena.

2° giorno – Lunedì 7 agosto 2006

Da Bedretto a Locarno, lago Maggiore

Foto di gruppo a Bedretto

Il  2° giorno si parte verso le otto e mezza da Bedretto …dopo l’immancabile “foto di gruppo”, scattata in compagnia della signora Irma che ci ha ospitati con tanta cordialità nella sua accogliente Osteria Pizzo Rotondo. Come ieri siamo vestiti con abbigliamento quasi invernale perché la temperatura non è cambiata molto. Il cielo anche oggi è nuvoloso, forse un po’ più chiaro di ieri e le cime in alto sono ancora nascoste dalla nebbia. Le previsioni meteo parlano di nubi alte stratificate con possibilità di precipitazioni sparse in montagna e di schiarite sempre più ampie in pianura nel corso della giornata. Dunque, il rischio di beccarci la pioggia sulla salita del Naret è più che mai concreta, ma ci conforta la possibilità di giungere a Locarno con il sole. Intanto scendiamo lungo la valle di Bedretto fino a Villa e superato un ponte sul Ticino, ci immettiamo sulla strada che scende dal Nufenenpass sull’altro versante della valle. Superiamo di poco l’abitato di Ossasco fino ad individuare una sterrata che si stacca sulla destra, poco oltre una serie di bandiere colorate ben visibili da lontano. Si inverte, dunque, il senso di marcia e si incomincia a salire con pendenza moderata e con un buon fondo. Al primo tornante una palina ci indica che siamo sulla strada giusta: direzione Alpe di Cristallina. Poco più avanti la strada si biforca e ambedue le diramazioni portano all’alpe. Proseguiamo dritto su una strada segnalata da un cartello militare che consiglia od obbliga (non si capisce bene) il transito soltanto ai mezzi 6×6!! E’ una strada molto ripida costruita con due strisce di cemento parallele, larghe quanto un pneumatico di un camion ed è obbligatorio pedalare ognuno su una delle due strisce perché nel mezzo l’erba e le pietre rallentano alquanto la marcia. Il ciclocomputer di Graziano, che sta rilevando tutti i dati del percorso della TREGIORNI di quest’anno, segna pendenze intorno al 20%. Il tratto, dunque, è particolarmente e non conviene fermarsi perché poi non si parte più, rimani piantato e sei costretto a proseguire a piedi. Per fortuna non è molto lungo, credo non più di mille, millecinquecento metri; poi le due rotaie cessano in prossimità di un’altra deviazione dove le paline indicano di procedere a sinistra con una serie di tornanti con un caratteristica pavimentazione in pietra. Si risale il bosco percorrendo una bella sterrata  che sbuca nei pascoli sovrastanti, si contorna un vallonetto e superando un ponticello si giunge all’Alpe di Cristallina.

Qui termina la parte ciclabile della salita perchè proprio dietro l’alpe in direzione sud parte il sentiero per il passo del Naret. L’attacco del sentiero è segnalato da una palina mezza distrutta. La traccia è subito ripida e l’unico modo di procedere è con la bici a spalle. Più avanti la valle si apre e il sentiero spiana, tanto che qualcuno riesce pure a pedalare per alcuni tratti. Ho sistemato la bici sul mio spallaccio costruito per l’occasione con i resti di un vecchio “invicta”. Oggi l’ho sistemato con più calma perché la salita è lunga e non voglio faticare come ieri sul Gries, dove sovente dovevo fermarmi per risistemarlo. In alcuni tratti mi piacerebbe mettere la bici a terra perché mi pare si possa pedalare, ma dovrei smontare tutta l’attrezzatura da trasporto e ci vorrebbe troppo tempo. Dall’Alpe di Cristallina sono circa 600 metri di dislivello che corrispondono, più o meno, a due ore a piedi per questo conviene procedere con passo regolare tanto più che il carico sulle spalle è molto ben distribuito e le mani sono libere di usare i bastoncini che si stanno rivelando davvero utili. A metà salita, si mette a piovere (come previsto). Per fortuna non è molto freddo, non c’è nebbia e la pioggia non è particolarmente intensa. Superiamo un salto di roccia attraversando un tratto particolarmente ripido e dissestato al centro del vallone e ci portiamo sul pianoro sovrastante che precede l’ultimo tratto di salita verso il passo. Quando il sentiero si divide scendiamo a sinistra tralasciando la traccia per la capanna Cristallina che intravediamo in alto sulla nostra destra, verso ovest. Il sentiero attraversa l’acqua e transita presso un alpeggio per poi salire nuovamente ripido fra le pietre in direzione sud. Sull’ultimo traverso, poco prima della baracca di legno che precede il passo, incrociamo un paio di escursionisti che giungono dalla Capanna di Cristallina; sono stranieri e ci salutano a gesti.

Passo di Naret

Sostiamo un attimo vicino alla baracca addossata alla roccia e diamo uno sguardo all’itinerario di salita e poi l’ultimo breve tratto, prima del passo, lo facciamo in sella e sbuchiamo dall’alto sul grande lago artificiale del Naret. Un vento gelido ci costringe a scendere subito da quella posizione panoramica e decidere di fare una sosta in un cantuccio più riparato poco prima della sterrata che contorna il lago.

Il cielo è grigio, quasi nero e non promette nulla di buono, anche se ora non piove più, ma un messaggio appena arrivato dall’amico Fulvio ci dice che a Locarno ci sono 32 ° gradi e un sole splendente. Qui ce ne sono 25 in meno, di gradi!

La larga sterrata lascia ben presto il posto ad uno stretto e ripido nastro d’asfalto che, transitando presso i laghi Gemelli, raggiunge e attraversa i bellissimi prati dei pascoli sottostanti, taglia in ripida discesa un grande bosco di abeti e finalmente spiana fiancheggiando l’enorme lago di Sambuco lungo più di cinque chilometri. Da questo punto ci separano 70 chilometri da Locarno.

Locarno

Attraversando Fusio, Cevio e Peccia passiamo dalla Val Sambuco, stretta e profonda, alla valle Lavizzara per poi entrare nella val Maggia che ci avrebbe portato fino alle rive del lago Maggiore. Purtroppo una brutta caduta nella prima parte della discesa fra Fusio e Cevio ha causato un brutto infortunio all’amico Fabrizio, che comunque dolorante ha voluto concludere la tappa. Il giorno dopo non partirà! Peccato, era andato tutto bene fin dal 1999, e le aveva sempre concluse tutte le TREGIORNI. Per raggiungere Riazzino, dove è previsto il pernottamento, abbiamo seguito la pista ciclabile che collega Ascona a Locarno e a Bellinzona percorrendo molti chilometri in più del previsto. Non abbiamo tenuto conto che i percorsi delle piste ciclabili non sempre seguono l’itinerario più breve, anzi, sovente, compiono giri molto ampi prima di giungere a destinazione. Sarebbe stato meglio seguire la strada statale in direzione di Bellinzona, anche perché Riazzino e il motel omonimo dove avevamo prenotato, era proprio su quella strada a circa 6 o 7 chilometri da Locarno in direzione di Bellinzona. Siamo sistemati in una palazzina di lato al ristorante-bar, dove l’italiano non lo capiscono molto bene e parlano una lingua simile al tedesco. Le camere non sono certo confortevoli come quelle di ieri sera a Bedretto, ma tutto sommato va bene; la doccia c’è e poi i gestori sono molto disponibili soprattutto per il menu della cena, concordato secondo le nostre esigenze, direttamente con il cuoco.

(continua)