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3° giorno – Martedì 11 agosto 2004
Non tutti sono contenti di seguire.. LA VIA DIRETTA AL BETTAFORCA, che parte dritta e ripida proprio a fianco del Rifugio Casale, perché affrontarla subito così, con le gambe fredde e anche un po’ legnose per la fatica del giorno prima, è forse un po’ traumatico. E d’altronde è anche troppo tardi per cercare di seguire i vari sentieri che, compiendo giri molto più ampi, eviterebbero le dure rampe che stiamo andando ad affrontare. La sera precedente avevamo individuato su una dettagliata cartina del luogo, un interessante itinerario alternativo con l’aiuto del cuoco del rifugio che però, ora, era sparito e con lui anche la preziosa cartina Dunque,per non avventurarci fra sentieri introvabili o non ben segnalati, abbiamo preferito scegliere la via diretta, forse più faticosa ma, sicura e un percorso facile da seguire. Oltre i primi cento metri di asfalto, la strada , molto ampia e con fondo abbastanza compatto, si inerpica con pendenza costante fra gli abeti con tratti rettilinei e ripidi interrotti ogni tanto da un tornante, dove si può recuperare un po’ per poi affrontare la lunga rampa successiva. Purtroppo a poco più di un’ora dalla partenza da St. Jacques, nei pressi di un alpeggio, Alberto è costretto a ritornare indietro per l’impossibilità a pedalare causata da un fastidioso dolore al ginocchio destro, conseguenza di una brutta botta rimediata in un tratto tecnico durante la tappa di ieri. Raggiungerà Fulvio, che avvisato dell’accaduto lo attende al rifugio Casale e con lui attenderà il nostro arrivo a Pont St. Martin, previsto per il primo pomeriggio. Poco oltre l’alpeggio a quota, circa 2300, dopo aver percorso alcuni brevi tratti molto ripidi e superato un bivio di cui decidiamo di ignorare la deviazione a destra ( porta soltanto alla partenza di un impianto di risalita), la strada inaspettatamente spiana e poi scende per qualche decina di metri per invertire la direzione di marcia e riprendere a salire molto più ripida di prima, immettendosi nella parte finale del vallone che termina con il colle di Bettaforca. E’ un vallone molto arido, disseminato soltanto di pietre e sassi, percorso al centro per l’intera lunghezza da un grosso impianto di risalita e racchiuso nella parte sommitale dai ripidi contrafforti del Monte Bettaforca e della punta Bettolina fra cui si apre il colle che permette il passaggio nella valle di Gressoney. La strada quì i è davvero ripida e anche se il fondo rimane buono è davvero duro spingere sui pedali; la selezione nel gruppo è inevitabile e in pochi istanti mi ritrovo a pedalare da solo. Le sensazioni sono comunque buone anche se la gamba non riesce a girare più in fretta e la frequenza cardiaca è vicina la limite. Cerco di non guardare oltre la ruota anteriore per attendere quel momento come ieri sul Portola ma, la tentazione di capire quanto manca è troppo forte e quando alzo gli occhi ho un attimo di tentennamento: la strada si impenna ancora più ripida e penso; stavolta scendo, non ce la faccio più-. Mi giro indietro e vedo, molto distanti e distanti tra loro, due compagni che pare stiano procedendo con la bici di fianco e allora mi rimetto a testa bassa e riprendo a spingere con tutta la forza rimasta ma, la rampa è troppo dritta e non riesco a far superare alla pedivella il fatidico “punto morto”; la bici si pianta e quasi indietreggio costringendomi a prendere la saggia decisione di affrontare gli ultimi metri a piedi fra gli “sfottò” e gli incoraggiamenti di chi sul colle era già arrivato da qualche minuto.
Il colle di Bettaforca (2672 metri) è un punto panoramico stupendo che con la nebbia diventa uno dei luoghi più brutti che abbia mai visto. A ovest vedi il vallone da cui siamo saliti che dovrebbe aprirsi sugli stupendi panorami verso la zona del Cervino e a est i gli ampi prati della valle di Gressoney con, sullo sfondo, il gruppo del Monte Rosa con il Lyscamm, la piramide Vincent e la Punta Indren ma, la nebbia nasconde tutto. Il panorama che ci circonda è davvero desolante; da una parte, una serie di tralicci con fune e annessi seggiolini che penzolano immobili a mezz’aria; dall’altro versante compare quasi dal nulla una nuovissima seggiovia,che di tanto in tanto scarica qualche imbaccucatissimo turista che, come noi, si rifugia in fretta e furia nel bar, semideserto, della stazione di arrivo, poco sopra il colle. Rifocillati e riscaldati iniziamo la discesa mentre la nebbia si trasforma in una pungente pioggia di riso ghiacciato ma, per fortuna dura solo alcuni istanti e un centinaio di metri sotto il colle la visibilità migliora. La strada è ripida quel tanto che basta per lasciar scorrere la bicicletta fra un tornante e l’altro, superando in volo le tante cunette degli immancabili scoli dell’acqua piovana. La sterrata termina a Staffal quando incontra la statale 505 della valle di Gressoney che percorreremo interamente fino a Pont St. Martin fermandoci doverosamente a visitare le bellissime borgate di La Trinitè e St. Jean. Scendiamo lungo la valle in totale rilassatezza e con lo spirito di chi torna da un bellissima gita in montagna…peccato che sia finita ma, qualcuno stà già pensando che proprio in questa magnifica valle ci ritroveremo per dar vita alla prossima TREGIORNIMTB.
Fotografie 2° giorno
2° giorno – Lunedì 10 agosto 2004
da Nus a St. Jacques
- lunghezza: 50 Km
- dislivello in salita: 2100 m
- ciclabilità: 90%
- cartografia: 1: 50000 IGC N.5- Cervino – Matterhorn – Monte Rosa
Partiamo da Nus verso le otto e trenta e finalmente il gruppo è completo perché si è unito anche Alberto, giunto ieri da Monza. C’è afa e il cielo sopra noi è di un bianco particolarmente abbagliante, il che ci fa supporre che la quota dove si forma la nebbia non sia molto in alto e perciò siamo speranzosi di vedere, quanto prima, il sole e le cime delle montagne ora nascoste. Mentre pedaliamo in fila indiana verso Chatillon riusciamo, per qualche istante, ad intravedere la cima dello Zerbion dove , dovremmo salire prima di scollinare in val d’Ayas; poi la nebbia… …nasconde di nuovo tutto! Prima di entrare nell’abitato di Chatillon, nei pressi di una rotonda, deviamo a sinistra in direzione di Cervinia. Il traffico delle auto dei turisti che risalgono la Valtournanche, insieme a noi, è particolarmente sostenuto e ci costringe a procedere ancora in fila indiana fino a Anthey St. Andrè, dove lasciamo il centro della valle e svoltiamo a destra seguendo le indicazioni per Promiod.
Anthey St. Andrè, con le sue belle case costruite con buon gusto e armoniosamente circondate da spazi verdi molto curati e ben attrezzati, mi è parso un centro di villeggiatura accogliente e tranquillo e penso che molto presto tornerò a visitarlo con più calma.. Mentre affrontiamo la prima parte di salita abbastanza impegnativa, qualche passante, notando la targhetta “TREGIORNIMTB” appesa alle nostre biciclette e magari credendoci partecipanti a chissà quale manifestazione, ci incoraggia e ci incita e allora qualcuno si lascia “prendere dalla foga” e si stacca dal gruppo come se dovesse andare in fuga. Qualcun altro urla: – piano.! C’è un uomo in ritardo!-… e allora il gruppo si ricompatta e girato l’angolo ci si ferma tutti a riprendere fiato. La salita verso Promiod , dopo lo strappetto di Anthey, è a pendenza costante e si snoda fra splendide pinete e ampi prati dove sorgono gruppi di case in pietra ben ristrutturate e stupendamente inserite nell’ambiente circostante. “Nessuna abitazione è lasciata decadere come invece accade dalle mie parti, dove la gente di montagna se ne è andata da tempo e ha abbandonato ogni cosa, comprese molte case che ormai cadono a pezzi. Soltanto in questi ultimi tempi si assiste, forse, ad un inversione di tendenza , grazie ai primi passi di una politica regionale che cerca di rivalorizzare l’ambiente montano favorendo, tra l’altro, la ristrutturazione di vecchie abitazioni che pian, piano riprendono il loro antico splendore e con esse la valle che le circonda.” Giungiamo a Promiod che inizia a piovere ma, per fortuna si tratta di uno scroscio passeggero anche se sopra di noi il cielo è molto grigio e nulla ci fa sperare che le cose migliorino.
La nebbia, che sale dal fondo valle, si condensa proprio a questa quota e si trasforma in minuscole goccioline d’acqua che danno l’impressione che voglia, un’altra volta, ricominciare a piovere. Invece di infilarci fra la case, svoltiamo a sinistra, seguendo le indicazioni per il Monte Zerbion, lungo una larga mulattiera in salita dal fondo abbastanza dissestato.
Con ampio giro, superiamo l’abitato di Promiod dall’alto e proseguiamo verso il colle Portola fino a quando la strada si divide nei pressi di un tornante, dove procediamo a destra seguendo le indicazioni del sentiero 105, anche se ambedue i sentieri segnalati portano comunque al colle Portola. La mulattiera, che ha tutte le parvenze di essere una forestale tracciata di recente, si impenna poco dopo il bivio e per qualcuno di noi sono dolori: l’unica è spingere. Fuori dalla pineta la strada sembra spianare un po’ quando attraversa degli ampi pascoli da dove , se non ci fosse quella maledetta nebbia che da due giorni ci accompagna, dovrebbe esserci uno stupendo panorama sulla valle centrale dal Bianco al Rosa. Oltrepassata una stalla la mulattiera diventa sentiero e con saliscendi in parte ciclabili. raggiunge i pascoli sottostanti il colle Portola che si presenta proprio lì di fronte come uno stretto intaglio al centro della cresta che scende dal Monte Zerbion che, se si vedesse, dovrebbe essere sulla nostra destra. Per un attimo la nebbia si dirada e intravediamo la cima, con l’enorme statua della Madonna. Il sentiero si perde fra i mamelloni erbosi e si divide in mille tracce che si riuniscono presso il grande traliccio dell’alta tensione in alto a sinistra. Da questo punto la traccia è unica e sale ripida fino al colle Portola segnalato da una palina gialla e caratterizzato da una icona rappresentante una stazione della via crucis. Dal traliccio dell’alta tensione fino al colle ci sono circa centocinquanta metri di dislivello affrontabili soltanto con la bici a spalle; altro modo non c’è.; non sono molti ma, dopo più di duemila metri di salita, la fatica si fa sentire ; cerchi di non guardare avanti, di non guardare in sù, segui la traccia del sentiero, affronti uno, due, tre scalini di pietra sperando che siano gli ultimi. Attendi quel momento, che chi va in montagna conosce molto bene; il momento in cui la gamba non deve più faticare perché , improvvisamente , il terreno diventa pianeggiante; non si sale più e in un secondo si apre “l’altra valle” di fronte a tè; di colpo ti ritorna la forza che credevi esaurita e gli ultimi passi li fai quasi di corsa come per dire :- arrivare fin quassù?…un bazzecola, guarda come corro io!, guarda quanta ne ho ancora!”. E’ circa l’una del pomeriggio quando siamo sul colle, in tutto quattro o cinque ore da Nus fin qui. Per ovvie ragioni di nebbia, rinunciamo alla salita sullo Zerbion e incominciamo a scendere in val d’Ayas che sono le due passate. La prima parte di discesa è particolarmente insidiosa e a tratti esposta e può essere affrontata soltanto con la bici a spalle. Più avanti si può anche tentare di mettere la bici di fianco ma, per salire in sella dobbiamo attendere il tratto tecnico che raggiunge il piano, attraversato dal canale di irrigazione, poco sopra il parcheggio di Barmasc. Dal parcheggio, anziché seguire l’asfalto, imbocchiamo una bella sterrata che, tagliando la strada asfaltata in più punti, raggiunge la piazzetta della chiesa di Antagnod e in breve, la sottostante provinciale per Champoluc che risaliamo toccando i centri di Bisoux e Magneaz. Al termine della veloce discesa, dopo una curva a destra, prima del ponte sul torrente imbocchiamo una strada con divieto di accesso che, prima asfaltata e poi sterrata segue l’andamento del corso d’acqua sulla destra idrografica e raggiunge, su un ponte, l’abitato di Frachey. Seguendo l’asfalto per circa un chilometro raggiungiamo il bivio per il rifugio Casale sulla destra, poco prima di St. Jacques. Dal bivio, a detta del cartello indicatore, mancano cento metri al rifugio ma in realtà…ce ne sono almeno trecento o …forse più! Il rifugio Casale è una bella costruzione in legno immersa nel verde di un enorme pineta a un chilometro circa dal piccolo centro di St. Jacques. Decisamente caro per il tipo di servizio che ti offre. Abbiamo comunque trovato cordialità e comprensione da parte dei ragazzi che in quel periodo gestivano l’attività.
Fotografie 1° giorno
1° giorno – Domenica 9 agosto 2004
da Champorcher a Fenis
- lunghezza: 35 Km
- dislivello in salita: 1700 m
- dislivello in discesa: 2400 m
- ciclabilità: 80%
- cartografia: 1:50000 IGC N.3 – Il Parco Nazionale del Gran Paradiso – 1: 50000 IGC N.9 – Ivrea, Biella Bassa Valle d’Aosta
Introduzione
Fulmini e saette squarciano il cielo proprio laggiù oltre la città di Torino e grosse nuvole nere nascondono l’orizzonte, di solito disegnato dall’inconfondibile profilo delle Alpi. E’ proprio là che stiamo andando; che da direzioni diverse stiamo convergendo verso il punto stabilito per il ritrovo. Grosse gocce iniziano a scendere sull’asfalto, prima rade poi sempre più fitte e di colpo ci troviamo in mezzo ad un grosso temporale. Il pensiero corre subito all’estate scorsa che ci aveva regalato TREGIORNIMTB di tempo stupendo, con un cielo terso senza una nuvola fino a sera. Quest’anno non sarà più così e già si pensa a cosa fare in caso di maltempo ma, superata Torino la pioggia, per fortuna, cessa e ci lasciamo alle spalle anche i fulmini e le saette. Il cielo si schiarisce e lascia intravedere un po’ di sole. Alle otto meno qualcosa, con un leggero di ritardo sull’ora di ritrovo, siamo a Pont St. Martin, appena fuori dal casello dell’autostrada TO/AO ; non piove, però le montagne attorno sono immerse nella nebbia e il cielo sopra la valle è di nuovo grigio. Mentre si sale a Champorcher qualcuno, più ottimista, riesce persino a vedere qualche squarcio d’azzurro ma, sarà il riflesso sulle lenti degli occhiali o sul parabrezza del veicolo a creare questi miraggi, perché quando scendiamo dal pulmino oltre ad essere sempre nuvoloso, fa pure freddo.
I partecipanti
Del gruppo previsto manca Alberto che, più pessimista di tutti, ha pensato bene di rimandare la partenza a domani sperando in condizioni meteo migliori. Ci raggiungerà per la cena; gli altri ci sono tutti, eccoli in ordine alfabetico:
- ANDREA da Cassano Magnago (VA) – ha partecipato alle edizioni del 2002 e del 2003
- FABRIZIO da Roccaforte M.vì (CN) – ha partecipato a tutte le edizioni passate
- FULVIO da Villanova M.vì (CN) – alla prima esperienza di …“autista”
- GHERARDO da Bergamo – alla prima partecipazione
- MARCO F. da Torino – alla prima partecipazione
- MARCO G. da Roccaforte M.vì (CN) – ha partecipato all’edizione del 2003
- MASSIMO da Ciserano (BG) – alla prima partecipazione
- RAFFAELE da Bergamo – alla prima partecipazione
- GINO… il sottoscritto – ha partecipato a tutte le edizioni passate e… future!!
- ALBERTO …arriverà da Monza (MI) per la sua prima partecipazione
da sinistra: Andrea, Gherardo, Gino, Marco F:, Fabrizio, Alberto, Massimo, Raffaele; accovacciati Marco G. e Fulvio
Iniziamo a pedalare
da Champorcher Chateau a 1400 metri circa, seguendo le indicazioni, per il rifugio Dondenaz (ma si dice Dondena o Dondenaz?).
Saliamo su asfalto con pendenza regolare innalzandoci sul versante nord della valle, mentre un timido sole fa capolino fra le nuvole e ci infonde un po’ più di speranza. Si sale fra verdi e ampi prati transitando accanto a casette in pietra e legno ristrutturate con buon gusto e soprattutto con rispetto per l’ambiente intorno. Il cielo, sopra di noi, si stà aprendo mentre le pinete del fondovalle, con le borgate sparse che compongono Champorcher sono, a tratti, nascoste dalla nebbia che sale e si disperde. La strada per un tratto diventa pianeggiante e addirittura scende per qualche metro quando l’asfalto termina, lasciando il posto ad un largo sterrato che, a volte ripido a volte pianeggiante, raggiunge la conca alla base del Rifugio Dondena(z??). Siamo ad un incrocio dove varie paline segnalano altrettanti iitinerari che partono da questo punto, fra essi anche l’indicazione per il Col Fussì. Molte sono le vetture parcheggiate perché da qui in poi è vietato il transito ai veicoli. Percorriamo la strada che scende per qualche metro, transitando vicino ad una vecchia costruzione militare e raggiungiamo il rifugio che offre anche un servizio bar ma, grosso guaio, è sprovvisto di ….banane!?!? (1). Una fontana d’acqua freschissima ci permette di rabboccare le borracce e i camel back. A questo punto la strada si divide in due e un attento esame della cartina ci indica di aggirare il rifugio dal lato nord (destra) dove si ricomincia a salire. Il fondo è più dissestato ma, affrontabile in sella. La strada, molto ampia e a tratti con pendenze più sostenute, si dirige al centro del vallone da dove si scorge lontano lo stretto intaglio della Finestra di Champorcher. All’inizio di un pianoro molto ampio, addossate ad un grosso masso sulla destra, troviamo le paline con i cartelli gialli in lamiera e fra le varie indicazioni, anche quella per il per il col Fussì sbiadita e di difficile lettura. Un sentiero si stacca alla destra del masso e scende verso il corso d’acqua, al centro del vallone, che si attraversa su un ponte di legno. Oltre il ponte alcune tacche gialle portano in due direzioni diverse. Seguiamo dapprima la traccia di destra che sale sui prati sovrastanti ma, presto siamo costretti a ritornare indietro perché il sentiero si perde fra pietre, rocce e mamelloni erbosi , segnalato qui e là con omini di pietra. Prendiamo allora la traccia a sinistra dopo il ponte che, tagliando alla base la conca prativa, guadagna la costa sovrastante con alcuni tornanti per poi puntare decisamente ad ovest iniziando la salita verso il col Fussì con lunghi traversi.. La mulattiera all’inizio è abbastanza larga e a tratti pedalabile, poi si restringe fino a diventare una sorta di canalino dove ci stanno o i piedi o la bicicletta e pedalare è una manovra riservata ai più bravi. L’ultimo tratto, proprio sotto il colle, richiede inevitabilmente di caricarci la bici sulle spalle per superare le grosse pietre smosse che invadono il sentiero.
La nebbia, improvvisamente si dirada e lascia intravedere le cime che racchiudono il Col Fussì mentre più in basso, compare anche un piccolo laghetto.
Di là dal colle il sole illumina l’intera vallata, dalla pietraia sommitale ai pascoli più in basso, fino alle cime lontane, di là dalla valle centrale. Una grossa freccia nera disegnata su una roccia e alcune tacche gialle indicano la direzione da intraprendere per scendere a Fenis. Iniziamo la discesa superando alcuni alti gradini di roccia per poi mantenerci a mezza costa sulla destra idrografica del vallone, stando attenti a non scendere troppo al centro. Superiamo una lingua di neve con la bici a spalle, rimanendo un po’ distanti dalle rocce per non sprofondare troppo nella neve. Superato un ultimo tratto in salita , aggiriamo uno spuntone roccioso e finalmente risaliamo in sella raggiungendo in breve il colle d’Eyele. In realtà ci fermiamo poco prima dove un intaglio ci offre la visione del vallone di …… con al centro il lago di…. Sulla nostra sinistra si stacca il sentiero che ci porterà, attraverso i prati, fino alle baite Tremail. Rade tacche gialle indicano il percorso ideale per chi scende a piedi come mè, ma chi rimane in sella preferisce scegliersi il tracciato più consono alle proprie capacità. In breve siamo in fondo al pratone, attraversiamo le acque di un rio e contorniamo le rive di un minuscolo laghetto raggiungendo la baite da dove parte la sterrata. Il fondo è discreto, la bici scorre bene ed è davvero divertente tuffarsi a tutta velocità nei guadi che, numerosi, tagliano la strada: la sensazione è di fare una doccia quasi completa ma,….al contrario.
La valle si fà sempre più ampia e verde man mano che si scende e si raggiunge il pianoro centrale dove, purtroppo, grossi lavori di scavo ne interrompono la continuità naturale. Seguiamo il tracciato principale che taglia il piano verso destra e sale verso un pilone, per poi riprendere a scendere in modo molto ripido all’interno di una pineta. La discesa sembra non finire mai e la stanchezza incomincia a farsi sentire, soprattutto alle braccia ed ognuno di noi sinceramente spera che la strada asfaltata non sia troppo lontana. La sede stradale diventa improvvisamente larga e solcata da molte tracce di cingoli e di grossi pneumatici, e non è difficile capire che l’asfalto arriverà, in futuro molto prossimo, almeno fin qui. Gli abeti lasciano il posto ai faggi quando inizia l’asfalto, che in pochi chilometri ci porta fin nel centro di Fenis e di lì, preceduti dal pulmino di Fulvio, raggiungiamo l’Hotel Cristina a Nus. La sera, dopo cena, abbiamo offerto a tutti i numerosi clienti dell’Hotel i “Cuneesi al Serpol” che gli “Amici del cioccolato” ci avevano affidati, suscitando simpatia e curiosità tanto che molti hanno voluto saperne di più e così ci siamo ritrovati a parlare di cioccolato, bicicletta e montagna!Cosa vuoi di più….Buon Serpol a tutti! … a domani
(1) Le banane sono state fondamentali per la buona riuscita della TREGIORNIMTB2004 perché senza esse avremmo sicuramente perso uno dei principali partecipanti: MASSIMO!!! Pare che, oltre a se stesso, nutrisse anche la bicicletta con le …banane!!!
Dalla Valle di Champorcher alla Valle di Gressoney
Gran Traversata Cicloalpinistica delle Alpi
Con la TREGIORNIMTB 2004, è stato completato il 5° tratto della Grande Traversata Ciclo Alpinistica delle Alpi iniziata nel 1999 e con esso il tratto valdostano. Risalendo la valle di Champorcher lungo la Strada Reale, i partecipanti alla TREGIORNIMTB2004, hanno incrociato i sentieri che giungono in alta quota da Cogne, dove si era conclusa l’edizione del 2003 e da lì hanno continuato la Gran Traversata fino alla valle di Gressoney attraverso le terre alte della Valtournanche, della Val Clavalitè e della Val d’Ayas.
Bicicletta,Montagna e Cioccolato
La TREGIORNIMTB 2004 ha portato anche quest’anno, attraverso le Alpi, il logo dell’ASSOCIAZIONE PASTICCERI PROVINCIA GRANDA AMICI DEL CIOCCOLATO offrendo nei luoghi d’arrivo delle tappe i nuovi cioccolatini “Cuneesi al Serpol” ( 100% burro di cacao), prodotti esclusivamente dai laboratori artigiani iscritti all’associazione
TREGIORNIMTB & GOBI ‘ 03 Expedition
Venerdì 18 giugno – ROCCAFORTE M.vì (CN) “PALATENDA PRO LOCO”
Presentazione della TREGIORNIMTB 2004 nel corso della serata Gobi ’03 expedition in cui Daniele Robino racconta la sua avventura solitaria in moutain bike attraverso il deserto del Gobi, in Mongolia. Immagini suggestive, supportate da un racconto emozionante , che hanno contribuito a creare la giusta ambientazione per svolgere il tema della serata: “la bicicletta come mezzo ideale per viaggiare e conoscere il mondo vicino e lontano”
La logistica
Un pulmino FIAT DUCATO 2800 da otto posti + l’autista, accessoriato per il trasporto delle biciclette e con doppio condizionatore, era a disposizione dei partecipanti per il trasporto dei bagagli da un posto tappa al successivo e ha permesso, al termine della TREGIORNIMTB il recupero delle auto lasciate il primo giorno a Champorcher Chateau .
I Pernottamenti
- Domenica 8 agosto all’ Hotel Cristina a Nus
- Lunedì 9 agosto al Rifugio Città di Casale a St. Jaques
Le carte
- IGC N. 3 1:50.000 Il Parco Nazionale del Gran Paradiso,
- IGC N. 5 1:50.000 Cervino – Matterhorn e Monte Rosa,
- IGC N. 9 1:50.000 Ivrea – Biella – Bassa Valle d’Aosta.
La targa
Ad ogni partecipante è stata consegnata una targhetta personalizzata “TREGIORNIMTB 2004″da applicare alla propria bicicletta
I Numeri
- Km totali: 145
- Dislivello in salita: 5200 m
- Cima Coppi: Col Fussì 2912 m
La TREGIORNIMTB 2004 si è svolta grazie al contributo di
Con la collaborazione di