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Pagine di diario contenente i racconti giorno per giorno della TREGIORNIMTB

1° giorno – Domenica 6 agosto 2006

dalle Cascate del Toce a Bedretto

La partenza è avvenuta dalle cascate del Toce.

Il gruppo alla partenza

Un vento gelido ci ha indotto subito a pedalare verso il Passo Gries, dimenticandoci addirittura di scattare una doverosa fotografia di gruppo di fronte alle maestose cascate aperte per la gioia dei numerosi e infreddoliti turisti che ci guardavano con espressioni fra il meravigliato e il “questi sono pazzi!”.

Per fortuna girato l’angolo, poco oltre il bivio per il passo San Giacomo che qualcuno suggeriva di risalire per accorciare la tappa, la temperatura si innalzava a livelli più sopportabili e a Riale c’era già chi si sfilava il primo strato  di vestiario tecnico.

Riale

Riale è un borgo stupendo posto all’inizio di un pianoro che si apre all’improvviso dietro una curva in leggera discesa. Soltanto tre chilometri lo eparano  dal chiasso del parcheggio delle Cascate del Toce, ma quando ci arrivi la sensazione è di essere giunto in un’altra dimensione dove tutto è di colpo più lento, più tranquillo, più pacato. Poi passi fra le case ed esci nella piana e ti dirigi verso il severo muraglione della diga del Morasco che chiude la valle  e quando ti dicono che anni fa un’esondazione sommerse il pianoro e l’intero  paesino, la sensazione di pacatezza si trasforma inevitabilmente in profonda malinconia. Incominci la salita proseguendo sulla strada asfaltata che sale con alcuni tornanti sulla destra e poi contorni dall’alto la diga fino ad imboccare una strada sterrata che si stacca a destra.Là La salita è a tratti impegnativa, ma mai impossibile e il fondo pietroso è comunque affrontabile in sella. La sterrata va terminare in leggera discesa sul verde pianoro morenico nei pressi dell’alpe Bettelmat. Proprio in fondo al piano inizia il  ripido sentiero dove l’unico modo di procedere è “a piedi” e con la bicicletta sulle spalle. La salita non è comunque particolarmente faticosa perché il fondo è buono e la pendenza non è poi così sostenuta come si pensava. Incrociamo qualche biker che sta percorrendo questo itinerario in senso inverso al nostro ma, comunque a piedi.

 

Valle del Corno, la morena centrale

Al passo di Gries riusciamo a mala pena a scorgere un grosso masso proprio sul colle e le paline gialle che ci indicano la direzione da seguire. Sono passate poco più di due ore dalla partenza. Un paio di escursionisti stranieri ci confermano, a cenni, che siamo sul sentiero giusto e dunque “giù a destra  verso Capanna Corno Gries”. Il  sentiero, all’inizio, è un saliscendi continuo  e sei costretto a scendere sovente dalla sella perché ci sono molte pietre in mezzo. Poi  si fa più pedalabile e diventa particolarmente tecnico quando, sulla cresta di una lunga morena glaciale proprio al centro del vallone,si addentra nella valle del Corno. Una valle suggestiva e resa ancor più tale dalla nebbia che ci avvolge e che da la sensazione di essere sospesi chissà dove. Poi all’improvviso, superate le ultime traballanti pietre della morena, quando il sentiero diventa più largo e ben battito,  la nebbia si apre e appare in lontananza, alta sui pascoli sottostanti,la Capanna di Corno Gries.

Val Bedretto

Ci fermiamo un po’ assaggiando un’ottima torta di pane e sorseggiando un piacevole tè che ci riscalda dopo il freddo patito per tutta la discesa. Dalla capanna il sentiero scende in Val Bedretto dapprima con un percorso  divertente e tutto sommato facile, basta guardare bene dove far passare la ruota davanti, quella dietro viene da sé. Più avanti ricomincia a salire affrontando alcuni tratti  dove è quasi impossibile camminare con la bici a fianco tanto è stretta la traccia. Il sentiero prosegue così a mezza costa fino a raggiungere il bivio per il Passo di San Giacomo dove proseguiamo dritto in direzione di All’Acqua. In breve raggiungiamo la bella chiesina di San Giacomo al centro di un verdissimo pianoro attraversato da un rio.

Seguendo le indicazioni per All’acqua raggiungiamo la costruzione in cemento della vecchia teleferica militare e, superando un tratto con la bici a mano, iniziamo l’ultimo impegnativo ma divertente tratto di discesa che ci porta fra le case di All’Acqua e da lì a Bedretto, all’Osteria Pizzo Rotondo….(continua)

3° giorno – Martedì 9 agosto 2005

Il percorso prevedeva una relativa facile escursione con partenza da Fiesch fino al lago Marjelesee (2380 m.) al cospetto del l’Aletschgletscher; il più grande ghiacciaio delle Alpi, patrimonio mondiale dell’UNESCO, dove i partecipanti alla TREGIORNIMTB2005 sono giunti in tarda mattinata. La vista del ghiacciaio e la sana pedalata sui sentieri panoramici e ben segnalati del Bettmeralp e del Fiescheralp hanno fatto dimenticare l’inutile fatica del primo giorno sulla terribile strada militare del Turlo e la delusione del secondo per non aver potuto raggiungere il Gebidumpass, descritto come uno dei punti panoramici “più sconvolgenti” dell’intera Svizzera!!

Panoramica sull'Aletsch

Panoramica sull’Aletsch

2° giorno – Lunedì 8 agosto 2005

Il gruppo è salito, con le funivie, fin nei pressi del rifugio Oberto-Orioli per poi proseguire in stile “cicloalpinistico” fino al Passo di Monte Moro (2868 m.), di fronte alla maestosa parete est del Monte Rosa. Il tratto di salita, anche se breve (20 minuti circa), è risultato più impegnativo del previsto per gli enormi lastroni di roccia  sui quali era molto faticoso e difficoltoso procedere con la bici a spalle. In questo tratto e nella discesa successiva fino al lago artificiale sono vivamente sconsigliate le scarpe con le tacchette!!!  Giunti a Eistein, lungo la valle del Saastal non si è trovato il sentiero, ben segnalato sulla carta, che avrebbe dovuto portare fino a Gspon e poi al panoramico Gebidumpass, per cui si è scelto di proseguire fino a Visp lungo la strada asfaltata del fondo valle e di raggiungere Briga risalendo la valle del Rodano. A bordo dei mezzi al seguito della TREGIORNI  i bikers si sono poi trasferiti nel Centro sportivo “Feriencenter” di Fiesch dove era previsto il secondo pernottamento

1° giorno – Domenica 7 agosto 2005

La partenza della prima tappa della TREGIORNIMTB 2006 era prevista da Staffal, nella valle di Gressoney, è stata spostata ad Alagna a causa dell’assoluto divieto di scendere con le mountain bike dal Passo dei Salati sul versante della Val Sesia, per i lavori di sistemazione delle piste da sci e dei nuovi e tanto discussi impianti di risalita. Così, in cinque sono  partiti da Alagna, in alta Valsesia, domenica 7 agosto: Andrea, Fabrizio, Gigi, Marco e Monica (rigorosamente in ordine alfabetico) lasciando il sottoscritto a fare da autista, insieme all’amico Fulvio, per l’impossibilità a pedalare per un infortunio al ginocchio avvenuto all’inizio dell’estate. Dal parcheggio dell’Acqua Bianca, poco oltre l’abitato di Alagna, hanno affrontato la salita al Passo del Turlo (2738 m) giungendo, nel tardo pomeriggio, a Macugnaga in Valle Anzasca dopo una faticosa tappa in cui la mountain bike è stata più un peso da trasportare che un mezzo di trasporto. Purtroppo le informazioni in mio possesso, pur se dettagliate, si sono rivelate non rispondenti alla realtà tanto che, dalpiazzale si è pedalato fin nei pressi del rifugio Pastore (2 chilometri, neanche!) o qualche metro più su e poi si è  spinto, portato e fatto di tutto con le bici, fuorchè pedalarle, fino al passo del Turlo. La discesa poi, definita di “media difficoltà, è stata affrontata quasi totalmente a piedi, con la bicicletta di fianco che a quel punto era diventata soltanto un peso inutile. Anche la sterrata che avrebbe dovuto essere ciclabile da quota 1360 circa, sembrava un fondo di un torrente in secca ed era davvero impossibile cercare di salire in sella, anche perché a quel punto la fatica si faceva sentire e la stanchezza non permetteva di prendere certi rischi. Quasi al termine della Val Quarazza, all’altezza del lago delle Fate, finalmente si saliva in sella per percorre gli ultimi 2 chilometri  e giungere a Precetto verso le 18, appena in tempo per una veloce doccia e poi la cena, presso l’Albergo Casa Alpina De Filippi.

La sera, in collaborazione con la direzione dell’Albergo, è stata organizzata una proiezione di diapositive sulle passate edizioni della TREGIORNIMTB durante la quale è stata presentata l’iniziativa TREGIORNIMTB DI QUALITA’ sotto l’egida dell’Associazione Pasticceri Provincia Granda Amici del Cioccolato, che da alcuni anni accompagna l’escursione cicloalpinistica offrendo al pubblico presente i Cuneesi al Serpol, prodotti esclusivamente dai laboratori ” AMICI DEL CIOCCOLATO”.

Nel corso della proiezione, oltre alle immagini delle passate edizioni della TREGIORNIMTB hanno destato particolare interesse quelle di alcuni lavori in cioccolato prodotti nel tempo dall’associazione “Amici del cioccolato” e in particolare ha suscitato la meraviglia di tutti la diapositiva della “bicicletta in cioccolato” a grandezza naturale preparata in occasione della tappa Cuneo – Varazze del Giro d’Italia 2002. Al termine della proiezione numerose sono state le domande del pubblico; da chi voleva sapere il tipo di pneumatico montato sulle mountain bike, alla richiesta della ricetta del Cuneese al Serpol.

3° giorno – Martedì 11 agosto 2004

Gruppo al Rifugio Casale

Gruppo al Rifugio Casale

Non tutti sono contenti di seguire.. LA VIA DIRETTA AL BETTAFORCA, che parte dritta e ripida proprio a fianco del Rifugio Casale, perché affrontarla subito così, con le gambe fredde e anche un po’ legnose per la fatica del giorno prima, è forse un po’ traumatico. E d’altronde è anche troppo tardi per cercare di seguire i vari sentieri che, compiendo giri molto più ampi, eviterebbero le dure rampe che stiamo andando ad affrontare. La sera precedente avevamo individuato su una dettagliata cartina del luogo, un interessante itinerario alternativo con l’aiuto del cuoco del rifugio che però, ora, era sparito e con lui anche la preziosa cartina Dunque,per non avventurarci fra sentieri introvabili o non ben segnalati, abbiamo preferito scegliere la via diretta, forse più faticosa ma, sicura e un percorso facile da seguire. Oltre i primi cento metri di asfalto, la strada , molto ampia e con fondo abbastanza compatto, si inerpica con pendenza costante fra gli abeti con tratti rettilinei e ripidi interrotti ogni tanto da un tornante, dove si può recuperare un po’ per poi affrontare la lunga rampa successiva. Purtroppo a poco più di un’ora dalla partenza da St. Jacques, nei pressi di un alpeggio,  Alberto è costretto a ritornare indietro per l’impossibilità a pedalare causata da un fastidioso dolore al ginocchio destro, conseguenza di una brutta botta rimediata in un tratto tecnico durante la tappa di ieri. Raggiungerà Fulvio, che avvisato dell’accaduto lo attende al rifugio Casale e con lui attenderà il nostro arrivo a Pont St. Martin, previsto per il primo pomeriggio. Poco oltre l’alpeggio a quota, circa 2300, dopo aver percorso alcuni brevi tratti molto ripidi e superato un bivio di cui decidiamo di ignorare la deviazione a destra ( porta soltanto alla partenza di un impianto di risalita), la strada inaspettatamente spiana e poi scende per qualche decina di metri per invertire la direzione di marcia e riprendere a salire molto più ripida di prima, immettendosi nella parte finale del vallone che termina con il colle di Bettaforca. E’ un vallone molto arido, disseminato soltanto di pietre e sassi, percorso al centro per l’intera lunghezza da un grosso impianto di risalita e racchiuso nella parte sommitale dai ripidi contrafforti del Monte Bettaforca e della punta Bettolina fra cui si apre il colle che permette il passaggio nella valle di Gressoney. La strada quì i è davvero ripida e anche se il fondo rimane buono è davvero duro spingere sui pedali; la selezione nel gruppo è inevitabile e in pochi istanti mi ritrovo a pedalare da solo. Le sensazioni sono comunque buone anche se la gamba non riesce a girare più in fretta e la frequenza cardiaca è vicina la limite. Cerco di non guardare oltre la ruota anteriore per attendere quel momento come ieri sul Portola ma, la tentazione di capire quanto manca è troppo forte e quando alzo gli occhi ho un attimo di tentennamento: la strada si impenna ancora più ripida e penso; stavolta scendo, non ce la faccio più-. Mi giro indietro e vedo, molto distanti e distanti tra loro,  due compagni che  pare stiano procedendo con la bici di fianco e  allora mi rimetto a testa bassa e riprendo a spingere con tutta la forza rimasta ma, la rampa è troppo dritta e non riesco a far superare alla pedivella il fatidico “punto morto”; la bici si pianta e quasi indietreggio costringendomi a prendere la saggia decisione di affrontare gli ultimi metri a piedi  fra gli “sfottò” e gli incoraggiamenti di chi sul colle era già arrivato da qualche minuto.

Il colle di Bettaforca (2672 metri) è un punto panoramico stupendo che con la nebbia diventa uno dei luoghi più brutti che abbia mai visto. A ovest vedi il vallone da cui siamo saliti che dovrebbe aprirsi sugli stupendi panorami verso la zona del Cervino e a est i gli ampi prati della valle di Gressoney con, sullo sfondo, il gruppo del Monte Rosa con il Lyscamm, la piramide Vincent e la Punta Indren ma, la nebbia nasconde tutto. Il panorama che ci circonda è davvero desolante; da una parte,  una serie di tralicci con fune e annessi seggiolini che penzolano immobili a mezz’aria; dall’altro versante compare quasi dal nulla una nuovissima seggiovia,che di tanto in tanto scarica qualche imbaccucatissimo turista che, come noi, si rifugia in fretta e furia nel bar, semideserto, della stazione di arrivo, poco sopra il colle.  Rifocillati e riscaldati iniziamo la discesa mentre la nebbia si trasforma in una pungente pioggia di riso ghiacciato ma, per fortuna dura solo alcuni istanti e un centinaio di metri sotto il colle la visibilità migliora. La strada è ripida quel tanto che basta per lasciar scorrere la bicicletta fra un tornante e l’altro, superando in volo le tante cunette degli immancabili scoli dell’acqua piovana. La sterrata termina a Staffal quando incontra la statale 505 della valle di Gressoney che percorreremo interamente fino a Pont St. Martin fermandoci doverosamente a visitare le bellissime borgate di La Trinitè e St. Jean.  Scendiamo lungo la valle in totale rilassatezza e con lo spirito di chi torna da un bellissima gita in montagna…peccato che sia finita ma, qualcuno stà già pensando che proprio in questa magnifica valle ci ritroveremo per dar vita alla prossima TREGIORNIMTB.

2° giorno – Lunedì 10 agosto 2004

da Nus a St. Jacques

  • lunghezza: 50 Km
  • dislivello in salita:  2100 m  
  • ciclabilità: 90%
  • cartografia: 1: 50000 IGC N.5- Cervino – Matterhorn – Monte Rosa
Sulla statale a Chatillon

Sulla statale a Chatillon

Partiamo da Nus  verso le otto e trenta e finalmente il gruppo è completo perché si è unito anche Alberto, giunto ieri  da Monza. C’è afa e il cielo sopra  noi è di un bianco particolarmente abbagliante, il che ci fa supporre che la quota dove si forma la nebbia non sia molto in alto e perciò  siamo speranzosi di  vedere, quanto prima,  il sole e le cime delle montagne ora nascoste. Mentre pedaliamo in fila indiana verso Chatillon riusciamo, per qualche istante, ad intravedere la cima dello  Zerbion dove , dovremmo salire prima di scollinare in val d’Ayas; poi la nebbia… …nasconde di nuovo tutto! Prima di entrare nell’abitato di  Chatillon, nei pressi di una rotonda, deviamo a sinistra in direzione di Cervinia. Il traffico delle auto dei turisti che risalgono la Valtournanche, insieme a noi, è particolarmente  sostenuto e ci costringe a procedere ancora in fila indiana fino a Anthey St. Andrè, dove lasciamo il centro della valle e svoltiamo a destra seguendo le indicazioni per Promiod.

Anthey St. Andrè, con le sue belle case costruite con buon gusto e armoniosamente circondate da spazi verdi molto curati e ben attrezzati,  mi è parso un centro di villeggiatura accogliente e tranquillo e penso che molto presto tornerò a visitarlo con più calma.. Mentre affrontiamo la prima parte di salita abbastanza impegnativa, qualche passante, notando la targhetta “TREGIORNIMTB” appesa alle nostre biciclette e magari credendoci partecipanti a chissà quale manifestazione,  ci incoraggia e ci incita e allora qualcuno si lascia “prendere dalla foga” e  si stacca dal gruppo come se dovesse andare in fuga. Qualcun altro urla: – piano.! C’è un uomo in ritardo!-… e allora il gruppo si ricompatta e girato l’angolo ci si ferma tutti a riprendere fiato. La salita verso Promiod  , dopo lo strappetto di Anthey, è a pendenza costante e si snoda fra splendide pinete e ampi prati dove sorgono gruppi di case in pietra ben ristrutturate e stupendamente inserite nell’ambiente circostante. “Nessuna abitazione è lasciata decadere come invece accade dalle mie parti, dove la gente di montagna se ne è andata da tempo e ha abbandonato ogni cosa, comprese molte case che ormai cadono a pezzi.  Soltanto in questi ultimi tempi si assiste, forse,  ad un inversione di tendenza , grazie ai primi passi di una politica regionale che cerca di rivalorizzare l’ambiente montano favorendo, tra l’altro, la ristrutturazione di vecchie abitazioni che pian, piano riprendono il loro antico splendore e con esse la valle che le circonda.”  Giungiamo a Promiod che inizia a piovere ma, per fortuna si tratta di uno scroscio passeggero anche se sopra di noi il cielo è molto grigio e nulla ci fa sperare che le cose migliorino.

La nebbia, che sale dal fondo valle, si condensa proprio a questa quota e si trasforma in minuscole goccioline d’acqua che danno l’impressione che voglia, un’altra volta, ricominciare a piovere. Invece di infilarci fra la case, svoltiamo a sinistra, seguendo le indicazioni per il Monte Zerbion,  lungo una larga mulattiera in salita dal fondo abbastanza dissestato.

I tetti di Promiod

I tetti di Promiod

Con ampio giro, superiamo l’abitato di Promiod dall’alto e proseguiamo verso il colle Portola fino a quando la strada si divide nei pressi di un tornante, dove procediamo a destra seguendo le indicazioni del sentiero 105, anche se ambedue i sentieri segnalati portano comunque al colle Portola. La mulattiera, che ha tutte le parvenze di essere una forestale tracciata di recente, si impenna poco dopo il bivio e per qualcuno di noi sono dolori: l’unica è spingere. Fuori dalla pineta la strada sembra spianare un po’ quando attraversa degli ampi pascoli da dove , se non ci fosse quella maledetta nebbia che da due giorni ci accompagna, dovrebbe esserci uno stupendo panorama sulla valle centrale dal Bianco al Rosa. Oltrepassata una stalla la mulattiera diventa sentiero e con saliscendi in parte ciclabili.  raggiunge i pascoli sottostanti il colle Portola che si presenta proprio lì di fronte come uno stretto intaglio al centro della cresta che scende dal Monte Zerbion che, se si vedesse, dovrebbe essere sulla nostra destra. Per un attimo la nebbia si dirada e intravediamo la cima, con l’enorme statua della Madonna. Il sentiero si perde fra i mamelloni erbosi e si divide in mille tracce che si riuniscono presso il grande traliccio dell’alta tensione in alto a sinistra. Da questo punto la traccia è unica e sale ripida fino al colle Portola segnalato da una palina gialla e caratterizzato da una icona rappresentante una stazione della via crucis. Dal traliccio dell’alta tensione fino al colle ci sono circa centocinquanta metri di dislivello affrontabili soltanto con la bici a spalle; altro modo non c’è.; non sono molti ma, dopo più di duemila metri di salita, la fatica si fa sentire ; cerchi di non guardare avanti, di non guardare in sù, segui la traccia del sentiero, affronti uno, due, tre scalini di pietra sperando che siano gli ultimi. Attendi quel momento, che chi va in montagna conosce molto bene; il momento in cui la gamba non deve più faticare perché , improvvisamente , il terreno diventa pianeggiante; non si sale più e in un secondo si apre “l’altra valle” di fronte a tè; di colpo ti ritorna la forza che credevi esaurita e gli ultimi passi li fai quasi di corsa come per dire :- arrivare fin quassù?…un bazzecola, guarda come corro io!, guarda quanta ne ho ancora!”.  E’ circa l’una del pomeriggio quando siamo sul colle, in tutto quattro o cinque ore da Nus fin qui. Per ovvie ragioni di nebbia, rinunciamo alla salita sullo Zerbion e incominciamo a scendere in val d’Ayas che sono le due passate. La prima parte di discesa è particolarmente insidiosa e a tratti esposta e può essere affrontata soltanto con la bici a spalle. Più avanti si può anche tentare di mettere la bici di fianco ma, per salire in sella dobbiamo attendere il tratto tecnico che raggiunge il piano, attraversato dal canale di irrigazione, poco sopra il parcheggio di Barmasc. Dal parcheggio, anziché seguire l’asfalto, imbocchiamo una bella sterrata che, tagliando la strada asfaltata in più punti, raggiunge la piazzetta della chiesa di Antagnod e in breve, la sottostante provinciale per Champoluc che risaliamo toccando i centri di Bisoux e Magneaz. Al termine della veloce discesa, dopo una curva a destra, prima del ponte sul torrente imbocchiamo una strada con divieto di accesso che, prima asfaltata e poi sterrata segue l’andamento del corso d’acqua sulla destra idrografica e raggiunge, su un ponte, l’abitato di Frachey. Seguendo l’asfalto per circa un chilometro raggiungiamo il bivio per il rifugio Casale sulla destra, poco prima di St. Jacques. Dal bivio, a detta del cartello indicatore, mancano cento metri al rifugio ma in realtà…ce ne sono almeno trecento o …forse più! Il rifugio Casale è una bella costruzione in legno immersa nel verde di un enorme pineta a un chilometro circa dal piccolo centro di St. Jacques. Decisamente caro per il tipo di servizio che ti offre. Abbiamo comunque trovato cordialità e comprensione da parte dei ragazzi che in quel periodo gestivano l’attività.

1° giorno – Domenica 9 agosto 2004

da Champorcher a Fenis

  • lunghezza: 35 Km
  • dislivello in salita: 1700 m
  • dislivello in discesa: 2400 m
  • ciclabilità: 80%
  • cartografia: 1:50000 IGC N.3 – Il Parco Nazionale del Gran Paradiso –  1: 50000 IGC  N.9 – Ivrea, Biella Bassa Valle d’Aosta

Introduzione

Fulmini e saette squarciano il cielo proprio laggiù oltre la città di Torino e grosse nuvole nere nascondono l’orizzonte, di solito disegnato dall’inconfondibile profilo delle Alpi. E’ proprio là che stiamo andando; che da direzioni diverse stiamo convergendo verso il punto stabilito per il ritrovo.  Grosse gocce iniziano a scendere sull’asfalto, prima rade poi sempre più fitte e di colpo ci troviamo in mezzo ad un grosso temporale. Il pensiero corre subito all’estate scorsa che ci aveva regalato TREGIORNIMTB di tempo stupendo, con un cielo terso senza una nuvola fino a sera. Quest’anno non sarà più così e già si pensa a cosa fare in caso di maltempo ma, superata Torino la pioggia, per fortuna, cessa e ci lasciamo alle spalle anche i fulmini e le saette. Il cielo si schiarisce e lascia intravedere un po’ di sole. Alle otto meno qualcosa, con un leggero di ritardo sull’ora di ritrovo, siamo a Pont St. Martin, appena fuori dal casello dell’autostrada TO/AO ; non piove, però le montagne attorno sono immerse nella nebbia e il cielo sopra la valle è di nuovo grigio. Mentre si sale a Champorcher qualcuno, più ottimista, riesce persino a vedere qualche squarcio d’azzurro ma, sarà il riflesso sulle lenti degli occhiali o sul parabrezza del veicolo a creare questi miraggi, perché quando scendiamo dal pulmino oltre ad essere sempre nuvoloso, fa pure freddo.

I partecipanti

Del gruppo previsto manca Alberto che, più pessimista di tutti, ha pensato bene di rimandare la partenza a domani sperando in condizioni meteo migliori. Ci raggiungerà per la cena; gli altri ci sono tutti, eccoli in ordine alfabetico:

  • ANDREA da Cassano Magnago (VA)  – ha partecipato alle edizioni del 2002 e del 2003
  • FABRIZIO da Roccaforte M.vì (CN) – ha partecipato a tutte le edizioni passate
  • FULVIO da Villanova M.vì (CN) – alla prima esperienza di …“autista”
  • GHERARDO da Bergamo – alla prima partecipazione
  • MARCO F. da Torino – alla prima partecipazione
  • MARCO G. da Roccaforte M.vì (CN) – ha partecipato all’edizione del 2003
  • MASSIMO da Ciserano (BG) – alla prima partecipazione
  • RAFFAELE da Bergamo – alla prima partecipazione
  • GINO… il sottoscritto – ha partecipato a tutte le edizioni passate e… future!!
  • ALBERTO …arriverà da Monza (MI) per la sua prima partecipazione
Il gruppo a Nus

Il gruppo a Nus

da sinistra: Andrea, Gherardo, Gino, Marco F:, Fabrizio, Alberto, Massimo, Raffaele; accovacciati Marco G. e Fulvio

 

 

Iniziamo a pedalare

da Champorcher Chateau a 1400 metri circa, seguendo le indicazioni, per il rifugio Dondenaz (ma si dice Dondena o Dondenaz?).

Saliamo su asfalto con pendenza regolare innalzandoci sul versante nord della valle, mentre un timido sole fa capolino fra le nuvole e ci infonde un po’ più di speranza. Si sale fra verdi e ampi prati transitando accanto a casette in pietra e legno ristrutturate con buon gusto e soprattutto con rispetto per l’ambiente intorno. Il cielo, sopra di noi, si stà aprendo mentre le pinete del fondovalle, con le borgate sparse che compongono Champorcher sono, a tratti, nascoste dalla nebbia che sale e si disperde. La strada per un tratto diventa pianeggiante e addirittura scende per qualche metro quando l’asfalto termina, lasciando il posto ad un largo sterrato che, a volte ripido a volte pianeggiante, raggiunge la conca alla base del Rifugio Dondena(z??). Siamo ad un incrocio dove varie paline segnalano altrettanti iitinerari che partono da questo punto, fra essi anche l’indicazione per il Col Fussì. Molte sono le vetture parcheggiate perché da qui in poi è vietato il transito ai veicoli. Percorriamo la strada che scende per qualche metro, transitando vicino ad una vecchia costruzione militare e raggiungiamo il rifugio che offre anche un servizio bar ma, grosso guaio, è sprovvisto di ….banane!?!? (1). Una fontana d’acqua freschissima ci permette di rabboccare le borracce e i camel back. A questo punto la strada si divide in due e un attento esame della cartina ci indica di aggirare il rifugio dal lato nord (destra) dove si ricomincia a salire. Il fondo è più dissestato ma, affrontabile in sella. La strada, molto ampia e a tratti con pendenze più sostenute, si dirige al centro del vallone da dove si scorge lontano lo stretto intaglio della Finestra di Champorcher. All’inizio di un pianoro molto ampio, addossate ad un grosso masso sulla destra, troviamo le paline con i cartelli gialli in lamiera e fra le varie indicazioni, anche quella per il per il col Fussì sbiadita e di difficile lettura. Un sentiero si stacca alla destra del masso e scende verso il corso d’acqua, al centro del vallone, che si attraversa su un ponte di legno. Oltre il ponte alcune tacche gialle portano in due direzioni diverse. Seguiamo dapprima la traccia di destra che sale sui prati sovrastanti ma, presto siamo costretti a ritornare indietro perché il sentiero si perde fra pietre, rocce e mamelloni erbosi , segnalato qui e là con omini di pietra. Prendiamo allora la traccia a sinistra dopo il ponte che, tagliando alla base la conca prativa, guadagna la costa sovrastante con alcuni tornanti per poi puntare decisamente ad ovest iniziando la salita verso il col Fussì con lunghi traversi.. La mulattiera all’inizio è abbastanza larga e a tratti pedalabile, poi si restringe fino a diventare una sorta di canalino dove ci stanno o i piedi o la bicicletta e pedalare è una manovra riservata ai più bravi. L’ultimo tratto, proprio sotto il colle, richiede inevitabilmente di caricarci la bici sulle spalle per superare le grosse pietre smosse che invadono il sentiero.

Col Fussì, 2979m

Col Fussì, 2979m

La nebbia, improvvisamente si dirada e lascia intravedere le cime che racchiudono il Col Fussì mentre più in basso, compare anche un piccolo laghetto.

Di là dal colle il sole illumina l’intera vallata, dalla pietraia sommitale ai pascoli più in basso, fino alle cime lontane, di là dalla valle centrale. Una grossa freccia nera disegnata su una roccia e alcune tacche gialle indicano la direzione da intraprendere per scendere a Fenis. Iniziamo la discesa superando alcuni alti gradini di roccia per poi mantenerci a mezza costa sulla destra idrografica del vallone, stando attenti a non scendere troppo al centro. Superiamo una lingua di neve con la bici a spalle, rimanendo un po’ distanti dalle rocce per non sprofondare troppo nella neve. Superato un ultimo tratto in salita , aggiriamo uno spuntone roccioso e finalmente risaliamo in sella raggiungendo in breve il colle d’Eyele. In realtà ci fermiamo poco prima dove un intaglio ci offre la visione del vallone di …… con al centro il lago di…. Sulla nostra sinistra si stacca il sentiero che ci porterà, attraverso i prati, fino alle baite Tremail. Rade tacche gialle indicano il percorso ideale per chi scende a piedi come mè, ma chi rimane in sella preferisce scegliersi il tracciato più consono alle proprie capacità. In breve siamo in fondo al pratone, attraversiamo le acque di un rio e contorniamo le rive di un minuscolo laghetto raggiungendo la baite da dove parte la sterrata. Il fondo è discreto, la bici scorre bene ed è davvero divertente tuffarsi a tutta velocità nei guadi che, numerosi, tagliano la strada: la sensazione è di fare una doccia quasi completa ma,….al contrario.

Val Clavalitè

Val Clavalitè

La valle si fà sempre più ampia e verde man mano che si scende e si raggiunge il pianoro centrale dove, purtroppo, grossi lavori di scavo ne interrompono la continuità naturale. Seguiamo il tracciato principale che taglia il piano verso destra e sale verso un pilone, per poi riprendere a scendere in modo molto ripido all’interno di una pineta. La discesa sembra non finire mai e la stanchezza incomincia a farsi sentire, soprattutto alle braccia ed ognuno di noi sinceramente spera che la strada asfaltata non sia troppo lontana. La sede stradale diventa improvvisamente larga e solcata da molte tracce di cingoli e di grossi pneumatici, e non è difficile capire che l’asfalto arriverà, in futuro molto prossimo, almeno fin qui. Gli abeti lasciano il posto ai faggi quando inizia l’asfalto, che in pochi chilometri ci porta fin nel centro di Fenis e di lì, preceduti dal pulmino di Fulvio, raggiungiamo l’Hotel Cristina a Nus. La sera, dopo cena, abbiamo offerto a tutti i numerosi clienti dell’Hotel i “Cuneesi al Serpol” che gli “Amici del cioccolato” ci avevano affidati, suscitando simpatia e curiosità tanto che molti hanno voluto   saperne  di più e così ci siamo ritrovati a parlare di cioccolato, bicicletta e montagna!Cosa vuoi di più….Buon Serpol a tutti! … a domani

(1) Le banane sono state fondamentali per la buona riuscita della TREGIORNIMTB2004 perché senza esse avremmo sicuramente perso uno dei principali partecipanti: MASSIMO!!!  Pare che, oltre a se stesso, nutrisse anche la bicicletta con le …banane!!!

3° giorno – Martedì 12 agosto 2003

VALSAVARENCHE  (Aosta- Italy) – ore 4 – Gli scuri di legno che chiudono dall’esterno la finestra della  camera  non lasciano filtrare nemmeno il più flebile raggio di luce ma, in compenso amplificano il rumore continuo delle acque del torrente che non sta  zitto un istante. Sarà la stanchezza o la preoccupazione del “Col Lauson” o il  rumore continuo del compagno di camera che non smette  di “fare il russo” ma, io non riesco a dormire. Mi giro sull’altro fianco cercando di addormentarmi ancora per le poche ore che mi rimangono e, intanto penso a come sarà quella  pietraia a oltre 3000 metri; speriamo che anche domani ci sia il sole, le previsioni sono buone!

Valsavarenche

Valsavarenche

ore 6 …di colpo una luce abbagliante mi acceca :-  porca put… mi ero appena addormentato-. :- Sveglia, sveglia, il col Lauson ci aspetta – ..è la voce del nonno Renato incaricato di tirarci giù dalle brande.

verso le 7 e mezzo quando iniziamo a pedalare,  la valle è ancora in ombra e l’aria è frescolina. Soltanto le cime, in alto, ad ovest sono illuminate dal sole e ..le gambe fanno male, sembrano due pezzi di legno. Purtroppo anche oggi Massimo non è potuto partire per l’infiammazione  che l’aveva fermato fin dal secondo giorno. Pedaliamo sull’asfalto fino a Eaux Rousses dove, al di là di un ponte di legno sull’altra sponda del torrente, troviamo l’indicazione per Cogne – Col Lauson. Il sentiero sale fra due muretti di pietre sui prati sovrastanti e poi li attraversa in piano verso sud, per poi deviare decisamente a est verso la pineta e il fondo migliora. Un po’ per la stanchezza dei due giorni precedenti, un po’ per risparmiare energia utile a superare le difficoltà che ognuno di noi cerca di immaginare millecinquecento metri più su, la maggioranza preferisce percorrere questo primo tratto a piedi..  “NONNO” Renato, davanti a tutti, fa girare quei pedali con un’agilità incredibile, seguito dai più “giovani  e forti” della comitiva ( Fabrizio, Gigi, Marco, Meo, Roberto, rigorosamente in ordine alfabetico)  e più indietro Andrea e il sottoscritto, che ogni tanto tenta qualche metro di pedalata…tanto così per provare la gamba.

Stambecco

Stambecco

Il sentiero zig-zaga tra i pini con pendenza moderata e costante e con un fondo particolarmente compatto, attraversato troppo spesso da quei maledetti lastroni di pietra piantati verticalmente nel terreno uno di fianco all’altro a guisa di canale di scolo delle acque. Sì, in effetti sono proprio queste lastre che contribuiscono in maniera decisiva a mantenere in buone condizioni il sentiero ma,  a volte sono talmente alte che non è possibile superarle in sella e in certi tratti ce ne sono anche due o tre in cento metri. Ma è inutile che cerchi scuse, anche stamattina non và. La gamba non spinge e il fiato manca; poco più avanti Andrea procede regolare con la bici di fianco  ma, io non riesco a raggiungerlo; insisto a pedalare perché, penso:- se già vado a piedi qui, a tremilametri cosa faccio?- Scendo dalla bici per superare l’ennesima coppia di lastroni che taglia di traverso il sentiero mentre Andrea si allontana ancora un po’, risalgo in sella ma mi manca l’equilibrio e sono costretto a mettere subito il piede a terra. Mi prende lo sconforto quando mi rendo conto che si deve ancora salire per quasi 1500 metri e nonostante i convincenti incoraggiamenti di Andrea decido anche oggi di rinunciare e tornare a valle prima che il pulmino parta.

Scendo in sella piano, piano, quasi volessi prendere ancora un po’ di tempo, quasi volessi ritornare su e penso:- questo è l’ultimo giorno non c’è più rivincita e al Col Lauson non ci puoi salire tutti i giorni !- ma…..la bicicletta improvvisamente si pianta contro un lastrone un po’ più alto degli altri , si impunta e mi catapulta in avanti ; sento una gran botta e uno scricchiolio all’altezza della fronte, mi rialzo tremante con la paura di essermi spaccata la testa o , come minimo, il naso;  con tutte due le mani mi tasto il viso, schiaccio, tiro da una parte e dall’altra la mia “canapia”  ma, per fortuna nessun dolore ; l’unica cosa rotta  è il visorino di plastica nera che sporge dal casco. Risalgo subito in bici ma, la mano destra è dolorante e con essa non riesco a frenare, così procedo a piedi fino all’asfalto e raggiungo Pierino e Massimo che, avvisati, mi aspettano . Bhè, la delusione è tanta ..! Attendiamo ancora un’oretta come mi chiese Andrea, anche lui molto incerto se continuare la salita oppure no! Ma ormai sono già le 10 e sicuramente  Andrea ha deciso di proseguire e di raggiungere gli altri. Infatti fuori dalla pineta nei pressi di una fontana il gruppo lo attende e nessuno vuol credergli quando dice loro che io sono tornato indietro, attendono ancora un po’ ma..Gino non arriva. Ma Andrea l’aveva detto,,Andrea non racconta balle, :- Gino ci ha di nuovo fregati – afferma Renato.  No, Gino si è fregato da solo stavolta ma gli servirà da lezione!

Cogne

Cogne

VERSO LE QUATTRO DEL POMERIGGIO il gruppo arriva nella piazzetta di Cogne. Il magone soffocato per l’intera giornata scoppia in un pianto liberatorio quando Fabrizio tira fuori dallo zaino una manciata di sassolini bianchi e me li porge:- tieni, li ho raccolti sul Col Lauson . Ma già si accavallano i commenti dell’uno e dell’altro sulla salita. Il commento è stato unanime :- una tappa dura, ma ne è valsa la pena. Qualcuno poi ricorda la pietraia sotto al “Lauson”  e allora sono commenti del  tipo “non so come ho fatto a salire..”, oppure ” quei maledetti sassi che ti scivolavano da sotto i piedi..”, ” la bici, lassù era un macigno..”, “però, ve lo ricordate lo stambecco?.., “abbiano pedalato fin oltre i tremila, eh!”. Poi si passa al resoconto delle cadute nella discesa dopo il rifugio Sella. La causa sono sempre quei maledetti lastroni di scolo dell’acqua che parevano ogni volta più alti. La volontà  di  alzare la ruota davanti c’era ma, ahimè, mancava la forza e allora era inevitabile un bel ruzzolone. Se a tutto ciò aggiungiamo i vari turisti da schivare ci si può fare un’idea di com’era stata la discesa. La prima parte, poco sotto al col Lauson   l’hanno affrontata quasi tutti a piedi; soltanto il Renato  ha superato anche i passaggi più difficili in sella, rischiando forse un po’ più del dovuto..Giunti a Valnontey  anziché seguire l’asfalto, guidati da Meo conoscitore della zona, sono arrivati a Cogne seguendo i bellissimi tracciati delle piste da fondo che, a detta di tutti, sono stati la parte più divertente e rilassante dell’intera tappa.   Pian, piano se ne và la tensione della discesa e subentra il rilassamento e la sensazione di avercela fatta. Seduti al tavolino di un bar del centro di Cogne, davanti ad una birra si fanno già i primi bilanci dei tregiorni e tutti sono d’accordo nell’affermare che :-

E’ STATA DURA, MA E’ STATA UNA BELLISSIMA AVVENTURA!!!-.

2° giorno – Lunedì 11 agosto 2003

CERESOLE REALE  (Ivrea- Italy) – ore 7 ci si trova tutti nella cucinotta (Eh!! Magari) del posto tappa per la colazione. C’è di tutto quì dentro, caffettiere di ogni dimensione, latte, thè, biscotti, marmellata; tutto per noi. A turno smacchiniamo attorno al fornello e poi velocemente consumiamo la nostra colazione che comunque deve essere abbondante e ricca: ci aspettano quasi duemila metri di dislivello fra un saliscendi e l’altro, per cui dobbiamo fare un pò di scorta. In un paio di sacchetti troviamo anche le focaccette farcite che la gentilissima signora del Gta ci ha preparato nel forno a legna appositamente per il pranzo. Ci incamminiamo o meglio ci impedaliamo su verso il Nivolet che sono circa le otto; la giornata è stupenda e la temperatura ottima. Il gruppo è al completo e sento davvero di star bene, oggi ce la farò, ne sono certo. Ma, dopo i primissimi tornanti, Massimo accusa dei forti dolori alla gamba sinistra per un’infiammazione postuma che si è aggravata per l’inutile fatica di ieri. Vani i tentativi di incoraggiarlo a proseguire nella speranza che con la muscolatura calda vada meglio: purtroppo Massimo è costretto a rinunciare e raggiunge Pierino che anche per oggi non sarà da solo! Bhè, davvero un peccato, speriamo che Massimo si rimetta almeno per l’ultimo giorno!

Partenza da Ceresole Reale

Partenza da Ceresole Reale

Voglio provare la gamba e poco dopo il  rifugio “Alpinisti Chivassesi”  aumento un pò l’andatura e stacco tutti qualche centinaia di metri, poi lascio che mi riprendano e salgo su regolare insieme al gruppo. La salita è lunga e regolare fino alle prima diga che raccoglie le acque di un ghiacciaio, poi scende leggermente per affrontare l’ultimo tratto di salita che porta fino al colle .
Il nastro asfaltato termina dal rifugio Savoia dove la strada è sbarrata al traffico veicolare. La zona è piena zeppa di camper e automobili parcheggiate sulle rive del lago antistante e attorno al rifugio alcuni ambulanti hanno creato una sorta di mercatino. Ma, basta pedalare per qualche centinaia di metri oltre la sbarra che ti pare di lasciare il mondo alle spalle, di colpo non c’è più nessuno, la confusione di cinque prima è scomparsa totalmente. Senti soltanto il rumore della tua bicicletta che, spinta dal rapportone, vola veloce sulle pietre di quest’ ampia sterrata che taglia dall’alto il vasto piano del Nivolet da sud a nord. Stiamo pedalando su quella che doveva essere un’importante via di comunicazione tra il Piemonte e la Valle d’Aosta rimasta però incompiuta, l’unica nota stonata dell’intero panorama dominato quasi interamente dalle cime del Gran Paradiso, del Ciarforon e più lontano dalla Grivola.

Gran Paradiso

Gran Paradiso

A 2 Km. dal rifugio Savoia, seguiamo un ripido sentiero che si stacca dalla sterrata in prossimità di un omino di pietre e transitando sotto alcuni enormi tralicci dell’alta tensione sale sul pianoro sovrastante dove riprendiamo a pedalare seguendo le tracce giallo-nere del sentiero 3a. Questo è il punto in cui inizia quella “sottile linea verde” che quest’anno potrebbe essere ribattezzata la “sottile linea secca” visto il colore non proprio verde dei pascoli che ci circondano.. Il sentiero qui prosegue in quota, supera  con un divertente guado le acque che scendono da l Taou Blanc, costeggia le rive di un minuscolo lago  e poi si porta alto sopra le ex case di caccia Des Aouilles di cui si scorgono a mal a pena i tetti di ardesia. Superata la costa  il sentiero scende in una valletta  attraversando una breve pietraia, che ci  costringe a scendere dalla sella per qualche minuto, contorna i bordi di un minuscolo laghetto color smeraldo e poi riprende a salire con fondo alquanto pietroso e dissestato fin sulla costa Monteau dove una sosta è d’obbligo. In un posto così ti senti quasi al centro del mondo; vorresti che il tuoi occhi potessero  vedere a 360° in un sol colpo.

Volgi la sguardo indietro per seguire ogni curva del sentiero che ti ha portato fin quassù. E’ davvero una sottile linea “verde” che si perde fra i massi enormi della pietraia laggiù e poi ricomparire ai bordi del ruscello . Lo ritrovi poi sull’altra riva e ne segui tutta la traccia che aggira  le verdi dune e il piccolo laghetto per poi ricoprirsi di larghe lastre di pietra e pian piano diventare mulattiera .. fin quassù. Riprendiamo la discesa superandone il primissimo tratto in sella e trovandoci poi “incastrati” in una pietraia davvero insidiosa e faticosa da dove qualcuno esce anche malconcio per una brutta caduta nel tentativo di superarne l’ultimo tratto tecnico. In breve comunque siamo nella stupenda conca del lago Djouan dove incontriamo un discreto numero di escursionisti saliti dalla Valsavarcenhe.

Monteau

Monteau

Il sentiero si fa più largo ma, più insidioso per la presenza di molte pietre appuntite che sbucano dal terreno polveroso e secco per  la grande siccità.     Raggiungiamo i primi abeti e troviamo facilmente la mulattiera che scende con innumerevoli e infiniti tornanti fino a Dejoz. ‘Na discesa che è ‘na goduria!!

1° giorno – Domenica 10 agosto 2003

Da Ceres a Ceresole Reale

ore 5: parto con il pulmino dal cortile di casa mia,  il cielo è stellato e fa già caldo. Mi sembra tutto a posto: le bottiglie del “Serpol” sono al sicuro e i cioccolatini degli “Amici del Cioccolato” sono al fresco nel frigorifero da viaggio, ne sento girare la ventola, vuol dire che il collegamento elettrico  fatto ieri sera tardi,  poco prima di andare a dormire, funziona!

Mentre esco dalla rotatoria all’ingresso del paese, i fari illuminano Fabrizio che mi è venuto incontro per evitarmi faticose manovre nelle strette stradine del centro di Roccaforte Mondovì. (prov. di Cuneo per i pochi che non lo sanno), – Ciao, ciao tutto bene? – : gli domando. – Sì – mi dice lui –  tutto ok. a parte il sonno!! :-

A Villanova sale Meo,  che ha un vistoso cerotto sul sopraciglio sinistro per coprire la profonda ferita che si è procurato ieri sera mentre caricava i bagagli. Avevamo temuto che non potesse partecipare ma  …Meo è un “uomo vero”, uno con le (s)palle. Bravo Meo!! Ma c’è anche Marco!!! Bene sono contento che ce l’abbia fatta. Purtroppo non c’era più posto per lui sul pulmino perché la sua richiesta di adesione è arrivata troppo tardi, però si è arrangiato e ci seguirà fino a Ceres con la sua macchina, ci penserà dopo a come recuperarla ..l’importante è partire; bravo Marco!! A Mondovì, sale anche Pierino, il nostro autista che sarà un importante punto di riferimento per i TREGIORNIMTB.

L’autostrada deserta ci permette di arrivare puntuali all’appuntamento con gli altri, fissato alle 7,30 a Venaria Reale. Ci sono tutti, Gigi , Massimo, Renato, Roberto, …ma, manca Andrea. Squilla il cellulare :- Ciao Gino, sono Andrea, sono a duecento metri da voi, mi vedete?  Ho trovato un posto sicuro per parcheggiare le auto, vi aspetto-. Lasciate le macchine di fronte alla stazione dei carabinieri di Venaria si parte verso le Valli di Lanzo costeggiando il lungo muro di cinta del parco della Mandria. Il pulmino è carico all’inverosimile a causa di un malinteso con il noleggiatore che non aveva installato il portatutto sul tettino.

Giungiamo a CERES verso le 8 e mezza circa; operazioni di vestizione,   preparazione del mezzo , caffè, foto di gruppo e poi…

Il gruppo alla partenza

Il gruppo alla partenza

…via con i capelli al vento; no!… con il casco!!

Su, per la via che porta fuori dal paese fino al piazzale di fronte al cimitero, poi giù lungo un breve tratto tecnico che ne costeggia il muro,segnalato da cartelli di un percorso ginnico. In breve raggiungiamo la sterrata che, attraversando ampi prati, risale la valle fino a Cantoira, sulla destra orografica del torrente. Si raggiunge la provinciale asfaltata proprio all’inizio dell’abitato di Cantoira attraversando il torrente su un alto ponte dove, in mezzo alle case, termina lo sterrato. In questa domenica di Agosto i paesi che attraversiamo sono affollati di vancanzieri in cerca di un clima più fresco. La strada è particolarmente trafficata e siamo costretti a procedere in fila indiana.

Qualcuno si accorge della targhetta che portiamo attaccata alla bici e incuriosito ci chiede dove andiamo, cosa facciamo o semplicemente ci incita.

La fila si allunga e sparisce dietro una curva. Io non faccio più parte di quella fila, pedalo con molta fatica su questo asfalto nero che mi sembra meno scorrevole che dalle mie parti, mi fa male la schiena ma penso :- è normale nei primi chilometri -.anche se so che non vero. Non è normale, però, che non riesca a mantenere il contatto con gli altri. Oltre la curva aggancio Marco che rallenta , mi aspetta mentre io  arranco., per un pò gli stò a ruota ma, poi mi sposto di lato e mi lascio andare sul manubrio. Non me la sento di andare avanti, sono troppo stanco e la mancanza di allenamento, di cui sono perfettamente consapevole, non mi aiuta di certo..è la crisi!!! Tornano indietro anche    Fabri e Andrea e in tutti i modi cercano di incoraggiarmi a proseguire ma, ormai ho deciso; per oggi mi fermo quì, con quest’andatura sarei solo d’impaccio al gruppo, mi riposo e domani sarò sicuramente della partita, domani non mancherò, domani ce la farò, promesso!! Torno indietro e dopo pochi chilometri trovo Pierino che, contattato telefonicamente, è venuto a recuperarmi con il pulmino.

Con il pulmino attraversiamo la zona del Canavese proprio nelle ore più calde della giornata; i paesi sono deserti e il traffico è inesistente, pensiamo al gruppo che stà pedalando su verso il colle della Crocetta:- ma, chissà se pedalano – mi chiedo- o stanno faticando con la bici sulle spalle in mezzo a qualche pietraia. Con un briciolo in più di coraggio potevo essere anch’io lassù – penso e…mi prende la malinconia e mi viene il magone – Da un anno mi dò da fare perchè tutto funzioni bene per questi TREGIORNI ; tutto   …tranne mè!

sul Colle

sul Colle

Arriviamo a Ceresole nel primo pomeriggio, il tempo è stupendo, la temperatura gradevole e sopratutto il luogo è tranquillo. Il posto tappa dove pernotteremo è nell’albergo Fonti Minerali in riva al torrente Orco che mostra ancora evidenti i segni dell’ultimo alluvione. Al centro del locale notiamo subito la locandina della TREGIORNIMTB2003 che avevo inviato un mese prima e la cosa mi inorgoglisce un pò; è bello sapere di essere attesi . Scopriamo poi, che il luogo e il posto tappa prendono il nome da una fonte di acqua frizzante naturale che sgorga proprio all’interno dell’edificio, a cui chiunque può attingere. E’ un’acqua ferruginosa dal gusto particolare che personalmente non gradisco ma apprezzata da molti .

Albergo Posto tappa GTA - Fonti Minerali

Albergo Posto tappa GTA – Fonti Minerali

Verso le 15 –15,30 squilla il cellulare, è Renato :- Ciao Gino, che scemo che sei potevi venire sù, abbiamo pedalato praticamente fin quasi sul colle; adesso ci riposiamo un pò poi iniziamo la discesa – Lo confesso sono rimasto così.. . sì, proprio così!! Non credevo si potesse pedalare tanto su quella mulattiera ma, se lo dice Renato sarà vero …o no? Un’ora più tardi risalgo il sentiero verso il Colle della Crocetta sicuro di incontrare di lì a poco i primi del gruppo, arrivo fin sopra la diga ma dei miei compagni nessuna traccia. Mi spingo fin sù tra i primi tornanti della pineta, cerco un posto buono per scattare loro qualche fotografia poi fra lo sconsolato e il preoccupato mi siedo su una pietra in attesa di sentire il rumore delle biciclette sul fondo pietroso. Saranno state le 18 passate quando arriva Renato  e poi via via tutti gli altri. :- Allora? – chiedo io – com’è?-. E’ stata dura –mi dicono – non abbiamo pedalato nemmeno in discesa , immaginati la salita!!!  NO COMMENT!!!! La sera, dopo un’abbondante e gustosissima cena, con la collaborazione dei gestori e di tutto il personale dell’Albergo, estremamente disponibili e cordiali, distribuiamo a tutti i “Cuneesi al Serpol” decantandone le qualità e brindiamo alla giornata di domani con  “Lo Serpol”, il liquore ufficiale della TREGIORNIMTB, foriero di buone e salutari pedalate.