2° giorno – Lunedì 6 agosto 2012

Da Paluzza a Passo Pramollo

INTRODUZIONE

Quella di oggi è una tappa complicata fin dall’inizio per le tante deviazioni da seguire e per questo, già nel briefing di ieri sera, ho chiesto a tutti i partecipanti di prestare particolare attenzione ai riferimenti riportati sulla “DESCRIZIONE DELLA TAPPA” per evitare il più possibile grossolani errori di percorso e di rimanere uniti per non perdere troppo tempo nel ripartire dopo le soste. L’umore del gruppo è ottimo. Si ride e si scherza come sempre nei primi chilometri, sopratutto se facili e pedalabili come questi, forse incuranti della fatica e ignari degli imprevisti ai quali possiamo andare incontro.

DESCRIZIONE – RACCONTO

Lasciamo Paluzza attraversandone il centro da nord a sud per poi svoltare a sinistra in direzione di Treppo, Ligosullo, Paularo.

Anche se sto già andando “in fuga” per trovare un buon punto di ripresa per la mia telecamera e ostento sicurezza e tranquillità, in realtà sono un po’ preoccupato; un po’ ansioso di portare velocemente al termine la tappa di oggi; ci sono vari scollinamenti da effettuare in quota e la parte finale in territorio austriaco è un dedalo di sentieri e stradine che solo a vederne il tracciato sulla carta kompass, mi scoraggio. Confido molto nella traccia gpx  che l’amico Graziano ha costruito con il suo computer.  Arrivo a Treppo Carnico con un leggero vantaggio sul gruppo e spero di fare una bella ripresa di tutti i partecipanti insieme prima che si sfilaccino sulle rampe della prima salita. Mi fermo poco prima del ponte all’ingresso del paese dove un enorme striscione da “il benvenuto a Treppo Carnico”. Poco più avanti la strada incomincia a salire più ripida e raggiunge Ligosullo. Qualcuno del gruppo, che non ha prestato attenzione alle indicazioni e alla  traccia memorizzata sul proprio navigatore, al bivio sulla forcella di Lins ha tirato dritto invece di salire a sinistra per Castel Valdajer, e con sé ha trascinato altri partecipanti.  In effetti in quel punto le indicazioni non sono molto chiare; nel dubbio è sufficiente ricordarsi di “non scendere”. Poco oltre  il bivio aumenta la pendenza e dopo una svolta a destra si esce dal bosco per un po’ e il panorama si allarga dominato dalla severe cima …. riconoscibile sullo sfondo verso nord-est.

Salita verso casera Nut

Salita verso casera Nut

A Castel Valdajer termina l’asfalto e si dipartono nei pressi della bella fontana innumerevoli sentieri anche per mountain bike, ma non troviamo la palina del sentiero S447. Comunque seguendo la descrizione del percorso andiamo a destra sulla larga forestale e poi ancora a destra in leggera discesa verso Cueste Robbie Alte. Seguiamo la traccia che ci indica il gps, ma siamo costretti a fermarci per confrontare la carta, il navigatore e le tracce sul terreno. Indicazioni poco chiare e non corrispondenti alla cartina topografica ci fanno perdere tempo prezioso. Fortunosamente incontriamo una guardia forestale che ci sconsiglia di intraprendere il sentiero S447 perchè inagibile nella parte finale a causa di frane e smottamenti. Ci indica una deviazione più ciclabile che percorre, in parte, un circuito locale segnalato per mtb ma che allunga il percorso dovendo scendere nel fondo del vallone di almeno 300 metri di dislivello per poi risalire di alla stessa quota sul versante opposto. La discesa non è di facile individuazione per gli incroci con le molte strade forestali tracciate per recenti disboscamenti. Il rischio è di imboccarne una e scoprire poi di doverla risalire perchè termina nel nulla. Così accade, per fortuna una volta soltanto, ma intanto siamo costretti a fermarci sovente per fare il punto sulla carta e valutare se il percorso che stiamo facendo è quello giusto. Finalmente incrociamo le indicazioni “mtb” che cercavamo e le seguiamo scendendo lungo un single track facile e divertente. L’andatura è comunque tranquilla, di chi non vuole rischiare. Quasi al termine della discesa, però Stefano cade. Dolorante alla spalla fatica a muovere il braccio sinistro. Una pietra nascosta dalla vegetazione, molto fitta in questo tratto, ha tradito la sua eccellente tecnica di guida e ora è steso a terra e non riesce ad alzarsi. Lo capiamo tutti: “è una brutta botta”. Finalmente si rialza, ma di salire in bici nemmeno se ne parla. Non sopporta nemmeno lo spallaccio dello zaino sulla spalla. In quel posto non è certo possibile chiedere soccorso: siamo in fondo ad uno stretto vallone dentro a un bosco fitto da cui è difficile capire il colore del cielo, talmente è lontano. Anche se dolorante, Stefano si incammina a piedi. Cercheremo di raggiungere con lui la strada asfaltata che dovrebbe essere circa 300 metri sopra di noi. Da lì chiameremo i soccorsi, perché è ormai evidente che non può proseguire: forse la spalla è uscita dalla sua sede (dalla sede di Stefano!). Il pensiero comune, in questi casi, è che “poteva andare peggio”, ma io penso sempre che “poteva anche andare meglio”, vi pare?

Cason di Lanza

La larga sterrata che da Cason di Lanza porta a Casera val d’Aip

Raggiungiamo l’asfalto nei pressi della Casera Nut, sulla stretta strada che da Paularo sale al Cason di Lanza.

Stefano è più tranquillo, ma la sua 2^ TREGIORNI, ahimè, finisce qui; con un brutto infortunio alla spalla. Lo salutiamo mentre il medico e l’infermiere del 118 lo stanno caricando, imbarellato, sull’ambulanza che lo porterà al pronto soccorso di Tolmezzo.

La compagnia, che per ingannare l’attesa dei soccorsi si era rifocillata con polenta, frico e un buon vinello rosso,  riparte un po’ sconsolata e quasi contro voglia.  Si scende brevemente lungo lo stretto e veloce asfalto e proprio al termine della discesa, si incrocia il termine del  sentiero 447,  dove avremmo dovuto sbucare seguendo le indicazioni in nostro possesso; accanto alla palina, però,  un cartello di divieto di transito e una inequivocabile scritta “SENTIERO INAGIBILE” ci rendono consci che la deviazione era inevitabile. L’incontro con la guardia forestale a Castal valdajer è stato provvidenziale.

Il ritardo accumulato mi preoccupa, anche perché in serata sono previsti forti temporali e la strada da fare è ancora lunga, ma cerco di non farlo vedere agli altri. L’incidente di Stefano mi ha reso ancor più ansioso.

Intanto si pedala verso il passo di Cason di Lanza: una salita asfaltata con pendenze decisamente impegnative, giudicabili intorno al dieci per cento. L’ambiente è molto bello. Stiamo risalendo una stretta valle fra radi pascoli e scure pinete che paiono come aggrappate alle grigie cime rocciose e verticali che racchiudono i due versanti. Solo in cima, poco prima del passo, la strada va via dritta e la valle si apre fra il Monte Zermola e la cima Pizzul che dominano i prati verdi con le costruzioni del Cason di Lanza. Facciamo una breve sosta: chi per acquistare il buon formaggio locale ed io per bere un doppio caffè forte che mi aiuti a digerire la polenta, ma soprattutto il quartino di quel buon vinello sorseggiato alla casera Nut.

Abbandoniamo l’asfalto e saliamo a sinistra fra le case trovando facilmente l’indicazione per Casera Val Dolce. Si sale lungo una larga sterrata con un bel tratto lastricato sul finale, prima di scollinare nella valle di Aip. Intanto è iniziato a piovere e tutte le cime intorno si sono coperte. Ci ripariamo in una grossa stalla in attesa che il temporale cessi di intensità. Di colpo la nebbia si alza e si scoprono un po’ gli scoscesi versanti dei monti che racchiudono questo verde vallone. La sterrata termina fra i prati di fronte alla casera d’Aip. Una solitaria tacca bianco-rossa ci indica il sentiero da seguire. E’ una traccia a mezza costa, difficile da individuare, che scende nei prati sottostanti cosparsi di cespugli di pino mugo. Più che un sentiero è un ruscello impossibile da affrontare in sella, pieno di grosso pietre smosse e continue buche nel terreno dilavato dalle continue piogge e dal passaggio degli animali al pascolo. Soltanto nell’ultima parte si può pedalare per qualche centinaia di metri fino ad arrivare sotto alla pietraia che porta dritto alla Sella d’Aip.

Massi nella salita alla Sella d'Aip

Grossi massi nella salita alla Sella d’Aip che i partecipanti alla TREGIORNIMTB2012 affrontano sotto alle pareti del Monte Cavallo

Grossi massi e alti gradini rocciosi si susseguono lungo un percorso tortuoso e difficile da individuare. Si può solo procedere con la bici sulle spalle e in alcuni punti è necessario farsi aiutare da qualche compagno per issare la bicicletta. Si tenta di seguire il sentiero segnalato che prosegue sulla sinistra, ma alti scalini molto faticosi da affrontare con la bici sulle spalle suggeriscono di tenersi sulla destra, proprio sotto la parete del Monte Cavallo. I più esperti ed alpinisti del gruppo individuano una linea di salita più facile, comunque sempre ripida, che sale dritta per una decina di metri verso la parete per poi tagliare di traverso il canale centrale e raggiungere la parte finale del sentiero erboso. La salita di questo tratto, da fare tutta con la bici a spalle perché in nessun punto è possibile spingerla o tenerla di fianco, dura circa trenta minuti e alcuni tra i forti l’hanno percorsa due volte per aiutare chi non ce la faceva a caricarsi la mountain bike sulle spalle. Un brindisi ed un applauso serale sarà il ringraziamento per la loro generosità.

Quando giungiamo sulla sella il tempo sembra peggiorare ancora una volta. La nebbia sale dal vallone che abbiamo percorso e per qualche minuto riusciamo a individuare tutto il tracciato fino alla base della pietraia. Alla nostra destra, poco più in basso, è sistemato il rosso bivacco Lomasti.

Scendiamo, naturalmente a piedi, lungo un largo sentiero accidentato e ancora una volta scalinato.

Panoramica della Val Grande di Timau

Panoramica della Val Grande di Timau, presso Casera Piotta durante la TREGIORNIMTB2012

Ricomincia piano piano a piovere e il cielo si fa sempre più nero. I tuoni e i lampi, prima lontani, si avvicinano sempre di più. Vorremmo seguire il sentiero 403 che coincide con la traccia più breve del nostro gps, ma ci porta in una zona sempre più pietrosa e accidentata, per nulla ciclabile. Optiamo per la variante più ciclabile e puntiamo verso Running Alm scendendo lungo la pista da sci. Lì dovremmo individuare il sentiero 415 che ci guiderà fino al passo. La pioggia aumenta di intensità mentre girovaghiamo in mezzo al dedalo di strade e stradine confusi dai cartelli delle piste da sci e dalle paline numerate dei sentieri. Incrociamo finalmente il 415 che arriva da destra. Scendiamo ancora un po. Una serie di incroci e altri cartelli incomprensibili ci confondono. Diamo uno sguardo alla cartina, ma la pioggia ne rende impossibile la lettura. Il temporale è proprio sopra di noi quando, aggirata la Running Alm troviamo un’indicazione per il Nasfeldpass, passo di Pramollo in austriaco, e iniziamo a salire. Secondo i miei calcoli non dovremmo salire più di tanto. Il sentiero che avevo individuato sulla carta dovrebbe tagliare le piste da sci a quota 1450, massimo 1500 e mantenersi in piano fino al passo che è a 1530 metri. Sui nostri gps non  abbiamo la carta della zona; i dettagli finiscono proprio sul confine. Sul display c’è soltanto una linea di colore viola che, nemmeno tanto tortuosa, arriva a destinazione. “Siamo vicini al passo, ce lo indica il gps”, lo dico a tutti e anche all’ultimo della fila che mi fermo ad attendere per incoraggiarlo e non lasciarlo solo. La pioggia continua, sembra, ancora più fitta. Continuiamo a salire. Stiamo puntando esattamente alla punta del Madrischen, a oltre 1900 metri, dove arriva l’impianto più alto. E’ chiaro che abbiamo sbagliato strada, anche se la direzione è giusta. Il gruppo ormai è sgranato e ognuno, forse, pensa per sé. Ognuno spera soltanto di arrivare in fretta lassù per capire se c’è una soluzione per poter scendere e arrivare al più presto in albergo. La luce sta calando, sono quasi le otto e non ci rimane più tanto tempo per trovare la giusta direzione. Finalmente ci ritroviamo tutti insieme, mentre la pioggia, divenuta ormai l’ultimo dei nostri problemi, continua a scendere fra lampi e tuoni. Aggirata la cima troviamo una larga sterrata che proviene dal basso; non ci rimane che seguirla nella speranza che ci porti il più vicino e il più presto possibile alla meta. In breve siamo fra i condomini della stazione sciistica austriaca di Nassfeld a poche centinaia di metri dal confine italiano. Giungiamo al Gallo Forcello che sono quasi le otto e mezzo. E qui è doveroso fare un plauso e ringraziare tutto il personale dell’hotel che ha atteso fino a tarda sera per servirci un ottima cena, riservandoci una cordialità inaspettata.