3° giorno – Martedì 12 agosto 2003

VALSAVARENCHE  (Aosta- Italy) – ore 4 – Gli scuri di legno che chiudono dall’esterno la finestra della  camera  non lasciano filtrare nemmeno il più flebile raggio di luce ma, in compenso amplificano il rumore continuo delle acque del torrente che non sta  zitto un istante. Sarà la stanchezza o la preoccupazione del “Col Lauson” o il  rumore continuo del compagno di camera che non smette  di “fare il russo” ma, io non riesco a dormire. Mi giro sull’altro fianco cercando di addormentarmi ancora per le poche ore che mi rimangono e, intanto penso a come sarà quella  pietraia a oltre 3000 metri; speriamo che anche domani ci sia il sole, le previsioni sono buone!

Valsavarenche

Valsavarenche

ore 6 …di colpo una luce abbagliante mi acceca :-  porca put… mi ero appena addormentato-. :- Sveglia, sveglia, il col Lauson ci aspetta – ..è la voce del nonno Renato incaricato di tirarci giù dalle brande.

verso le 7 e mezzo quando iniziamo a pedalare,  la valle è ancora in ombra e l’aria è frescolina. Soltanto le cime, in alto, ad ovest sono illuminate dal sole e ..le gambe fanno male, sembrano due pezzi di legno. Purtroppo anche oggi Massimo non è potuto partire per l’infiammazione  che l’aveva fermato fin dal secondo giorno. Pedaliamo sull’asfalto fino a Eaux Rousses dove, al di là di un ponte di legno sull’altra sponda del torrente, troviamo l’indicazione per Cogne – Col Lauson. Il sentiero sale fra due muretti di pietre sui prati sovrastanti e poi li attraversa in piano verso sud, per poi deviare decisamente a est verso la pineta e il fondo migliora. Un po’ per la stanchezza dei due giorni precedenti, un po’ per risparmiare energia utile a superare le difficoltà che ognuno di noi cerca di immaginare millecinquecento metri più su, la maggioranza preferisce percorrere questo primo tratto a piedi..  “NONNO” Renato, davanti a tutti, fa girare quei pedali con un’agilità incredibile, seguito dai più “giovani  e forti” della comitiva ( Fabrizio, Gigi, Marco, Meo, Roberto, rigorosamente in ordine alfabetico)  e più indietro Andrea e il sottoscritto, che ogni tanto tenta qualche metro di pedalata…tanto così per provare la gamba.

Stambecco

Stambecco

Il sentiero zig-zaga tra i pini con pendenza moderata e costante e con un fondo particolarmente compatto, attraversato troppo spesso da quei maledetti lastroni di pietra piantati verticalmente nel terreno uno di fianco all’altro a guisa di canale di scolo delle acque. Sì, in effetti sono proprio queste lastre che contribuiscono in maniera decisiva a mantenere in buone condizioni il sentiero ma,  a volte sono talmente alte che non è possibile superarle in sella e in certi tratti ce ne sono anche due o tre in cento metri. Ma è inutile che cerchi scuse, anche stamattina non và. La gamba non spinge e il fiato manca; poco più avanti Andrea procede regolare con la bici di fianco  ma, io non riesco a raggiungerlo; insisto a pedalare perché, penso:- se già vado a piedi qui, a tremilametri cosa faccio?- Scendo dalla bici per superare l’ennesima coppia di lastroni che taglia di traverso il sentiero mentre Andrea si allontana ancora un po’, risalgo in sella ma mi manca l’equilibrio e sono costretto a mettere subito il piede a terra. Mi prende lo sconforto quando mi rendo conto che si deve ancora salire per quasi 1500 metri e nonostante i convincenti incoraggiamenti di Andrea decido anche oggi di rinunciare e tornare a valle prima che il pulmino parta.

Scendo in sella piano, piano, quasi volessi prendere ancora un po’ di tempo, quasi volessi ritornare su e penso:- questo è l’ultimo giorno non c’è più rivincita e al Col Lauson non ci puoi salire tutti i giorni !- ma…..la bicicletta improvvisamente si pianta contro un lastrone un po’ più alto degli altri , si impunta e mi catapulta in avanti ; sento una gran botta e uno scricchiolio all’altezza della fronte, mi rialzo tremante con la paura di essermi spaccata la testa o , come minimo, il naso;  con tutte due le mani mi tasto il viso, schiaccio, tiro da una parte e dall’altra la mia “canapia”  ma, per fortuna nessun dolore ; l’unica cosa rotta  è il visorino di plastica nera che sporge dal casco. Risalgo subito in bici ma, la mano destra è dolorante e con essa non riesco a frenare, così procedo a piedi fino all’asfalto e raggiungo Pierino e Massimo che, avvisati, mi aspettano . Bhè, la delusione è tanta ..! Attendiamo ancora un’oretta come mi chiese Andrea, anche lui molto incerto se continuare la salita oppure no! Ma ormai sono già le 10 e sicuramente  Andrea ha deciso di proseguire e di raggiungere gli altri. Infatti fuori dalla pineta nei pressi di una fontana il gruppo lo attende e nessuno vuol credergli quando dice loro che io sono tornato indietro, attendono ancora un po’ ma..Gino non arriva. Ma Andrea l’aveva detto,,Andrea non racconta balle, :- Gino ci ha di nuovo fregati – afferma Renato.  No, Gino si è fregato da solo stavolta ma gli servirà da lezione!

Cogne

Cogne

VERSO LE QUATTRO DEL POMERIGGIO il gruppo arriva nella piazzetta di Cogne. Il magone soffocato per l’intera giornata scoppia in un pianto liberatorio quando Fabrizio tira fuori dallo zaino una manciata di sassolini bianchi e me li porge:- tieni, li ho raccolti sul Col Lauson . Ma già si accavallano i commenti dell’uno e dell’altro sulla salita. Il commento è stato unanime :- una tappa dura, ma ne è valsa la pena. Qualcuno poi ricorda la pietraia sotto al “Lauson”  e allora sono commenti del  tipo “non so come ho fatto a salire..”, oppure ” quei maledetti sassi che ti scivolavano da sotto i piedi..”, ” la bici, lassù era un macigno..”, “però, ve lo ricordate lo stambecco?.., “abbiano pedalato fin oltre i tremila, eh!”. Poi si passa al resoconto delle cadute nella discesa dopo il rifugio Sella. La causa sono sempre quei maledetti lastroni di scolo dell’acqua che parevano ogni volta più alti. La volontà  di  alzare la ruota davanti c’era ma, ahimè, mancava la forza e allora era inevitabile un bel ruzzolone. Se a tutto ciò aggiungiamo i vari turisti da schivare ci si può fare un’idea di com’era stata la discesa. La prima parte, poco sotto al col Lauson   l’hanno affrontata quasi tutti a piedi; soltanto il Renato  ha superato anche i passaggi più difficili in sella, rischiando forse un po’ più del dovuto..Giunti a Valnontey  anziché seguire l’asfalto, guidati da Meo conoscitore della zona, sono arrivati a Cogne seguendo i bellissimi tracciati delle piste da fondo che, a detta di tutti, sono stati la parte più divertente e rilassante dell’intera tappa.   Pian, piano se ne và la tensione della discesa e subentra il rilassamento e la sensazione di avercela fatta. Seduti al tavolino di un bar del centro di Cogne, davanti ad una birra si fanno già i primi bilanci dei tregiorni e tutti sono d’accordo nell’affermare che :-

E’ STATA DURA, MA E’ STATA UNA BELLISSIMA AVVENTURA!!!-.